venerdì 6 gennaio 2023

Buona Befana


 Un po' di umorismo e anche di ironia sulla Befana, ma con un'immagine artistica. Lasciamo che parli per sé stessa.

mercoledì 4 gennaio 2023

Verso il Chiaro di Luna



 Poesia e Dipinto Digitale

di Maurizio Proietti iopropars




Verso il Chiaro di Luna


Il chiaro di luna

Solleva lo spirito

Rendendoci familiare la notte

Che va incontro

Con la sua intimità

Alle nostre speranze d'amore.


Maurizio Proietti iopropars


Qualche considerazione sulla poesia e sul dipinto

per i lettori del mio blog


È una delle mie poesie, per così dire, intimiste. Ma in realtà rimane presente quel binomio arte-verità, quella funzione dell'arte come disvelamento dell'essere, in cui soltanto, la produzione dell'opera d'arte può incontrare il suo senso.

Mi è capitato proprio ieri di avere incontrato e letto in un social, una poesia su quanto fosse stato duro e lacerante per l'uomo che l'aveva scritta, l'aver perduto la relazione con una donna. Non che non fosse espressiva, ma a me non ha lasciato nulla. Non sostengo che i sentimenti espressi da quell'uomo non fossero autentici. Quel che dico è che il suo sentimento privato è rimasto, per come io l'ho inteso, nell'espressione che lui gli ha dato, un sentimento privato.

Di ciò che mi capita leggere della poesia che altri autori scrivono al giorno d'oggi, mi viene spesso da dire "La mia poesia non vuol essere questo".

Allora, ciò che in altre parole io posso dire, è che l'introspezione, in profondità non può andare, senza essere anche emozione, perchè è dei nostri vissuti che facciamo ispezione, per entrare in rapporto col nostro essere, ovvero, per non fuggire dall'essere e nemmeno dall'essere, essere agiti.

Così che dei nostri vissuti, io questo sostengo, per poterli indagare, dobbiamo essere anche capaci di dirigere il corso. Ma è questo il motivo per cui siamo chiamati all'indagine, per realizzare in noi stessi, la nostra sublime più umana natura.

Riguardo al dipinto digitale posso dire che al tempo stesso riporta a una rappresentazione essenziale il tema che tratta, svelandolo anche prodotto della mente - emozione e pensiero - che va ad evocarlo.

Maurizio Proietti iopropars


domenica 1 gennaio 2023

Years end/La fine dell'anno




Years end

The perspective of the painting towards the sun is intended to arouse a feeling of hope, however founded on wisdom, as the colors and the writing are intended to suggest. 

The colors of the slope intend to represent that our experience is not always green, but its variety somehow smiles at us, if we know how to look at it from an overall view.

With regard to wisdom and experience, my firm position is that experience by itself cannot lead to wisdom those who do not cultivate wisdom. This consideration produced my smiling wry comment on Hal Borland's quote.

However, my irony is not aimed at this author but at my contemporaries, who at times seem to me to be not very capable of learning from experience, even regarding important events.

Wisdom can be summed up in our willingness to strive for good and avoid evil, and it must be combined with intelligence, which is the ability to distinguish right from wrong.

I, as a Christian, firmly believe that Intelligence became flesh, and that He also taught us and put into practice the foundation of good. The foundation is in loving the Lord our God with all our strength, and from this it follows that we love our neighbor as ourselves.

We can be sure that we are wise, this I believe, if we can understand that we really love our neighbor as ourselves. But for this, I clearly feel it, we need faith in God's love and to Him to entrust our will.

It is precisely the fear of death, as the Apostle Paul attests to us, that distances us from good, producing in us the fear of loving.

This is my wisdom.

Maurizio Proietti iopropars


La fine dell'anno

La prospettiva del dipinto verso il sole, vuole suscitare un sentimento di speranza, fondato però sulla saggezza, come i colori e la scritta vogliono suggerire.

I colori del pendio intendono rappresentare che la nostra esperienza non sempre è verde, ma la sua varietà in qualche modo ci sorride, se sappiamo guardarla con una visione d'insieme.

Per quanto riguarda la saggezza e l'esperienza, la mia ferma posizione è che l'esperienza di per sé non può portare alla saggezza coloro che non coltivano la saggezza. Questa considerazione ha prodotto il mio commento ironico e sorridente sulla citazione di Hal Borland.

La mia ironia però non è rivolta a questo autore ma ai miei contemporanei, che a volte mi sembrano poco capaci di imparare dall'esperienza, anche riguardo a eventi importanti.

La saggezza può essere riassunta nella nostra volontà di tendere al bene ed evitare il male, e deve essere associata all'intelligenza, che è la capacità di distinguere il bene dal male.

Io, come cristiano, fermamente credo che l'Intelligenza si sia fatta carne, e che anche ci abbia insegnato, e messo in pratica, il fondamento del bene. Il fondamento è nell'amare con tutte le nostre forze il Signore nostro Dio, e da questo discende di amare il nostro prossimo come noi stessi.

Possiamo essere certi di essere saggi, questo io credo, se possiamo capire di amare realmente il nostro prossimo come noi stessi. Ma per questo, io chiaramente lo sento, occorre la fede nell'amore di Dio e a lui rimettere la nostra volontà.

È la paura della morte appunto, come ci attesta l'Apostolo Paolo, che ci allontana dal bene, producendo in noi la paura di amare.

È questa la mia saggezza.

Maurizio Proietti iopropars


domenica 25 dicembre 2022

Antropologia Natalizia

 


Per chi non lo sapesse oggi, 25 dicembre, è Natale; giornata festiva piena, perché festività nazionale. 

Non è molto prudente uscire di casa perchè questi individui sono più feroci del solito, soprattutto quelli che escono dalle chiese dove celebrano i loro riti pagani. 

In questo periodo dell'anno, in particolare nei loro riti, essi rafforzano in sé stessi la convinzione di una propria superiorità morale che giustifica ai loro occhi il disprezzo nei confronti del prossimo. La cosa risulta piuttosto contraddittoria, perché questa superiorità morale, atta a giustificare la prepotenza selvaggia sostenuta dall'ipocrisia più abietta, sarebbe basata sul loro amore per gli altri. Ma tant'è, questa è la tradizione.

Per l'occasione essi si scambiano doni, con il duplice scopo di ingraziarsi il favore degli altri e di dimostrare la propria benevolenza.

Per molti di loro questo è uno dei periodi più tristi dell'anno, in cui si acuisce il sentimento di solitudine.

La mia personale convinzione è che sarebbe peggio, se questo tipo di festività non ci fossero, perché la lotta fratricida al di sotto della putrida coltre di ipocrisia che governa l'organizzazione sociale che i selvaggi hanno costruito, sarebbe allora senza tregua né quartiere. In questo periodo, per quanto la ferocia sia esacerbata nella corsa agli acquisti, si finge almeno che le cose procedano in modo diverso, e questo produce anche effettivi momenti di tregua. 

Per quanto l'ipocrisia sia disgustosa, il fatto che il male abbia bisogno di mascherarsi da bene, fa pensare che col suo vero volto non potrebbe sussistere, e dunque che la verità può farlo cadere.

Così sta scritto infatti, che la Ragione si fece carne, e dimorò per qualche tempo in mezzo a noi, piena di Grazia e di Verità. Essa ci ha rivelato appunto di fondarsi sull'Amore.

Maurizio Proietti iopropars



martedì 13 dicembre 2022

Manicomi Domiciliari



 

Il titolo del presente post è provocatorio. Indica la via da non percorrere.

Ho eseguito le due locandine digitali - opere di Arte Digitale, come io le considero - per la Giornata Mondiale della Disabilità di quest'anno. Giornata che ricorre il 3 dicembre.

L'idea di fondo è che si debba superare non tanto lo stigma verso la persona con disabilità e soprattutto quella con disabilità psichica, quanto i pregiudizi e i preconcetti. Bisogna essere aperti all'incontro con la persona reale, e più che considerarlo "un disabile", essere disposti riconoscere le sue capacità e i suoi bisogni. Ma questo vale sempre per tutti. Bisogna sviluppare una civiltà che sia maggiormente basata sul riconoscimento della realtà dell'altro e sul reciproco rispetto. Il che poi non vuol dire che non ci si possa aiutare gli uni con gli altri a migliorarci.

 Riporto di seguito un mio intervento che ho scritto per un convegno sulla disabilità.


“Recovery e contesto sociale”

Considerazioni di un paziente psichiatrico


Espongo di seguito il mio punto di vista di paziente psichiatrico riguardo alla recovery. 

Da questo punto di vista parlo di “disturbo psichico” e non di “malattia mentale”, perché quella che da parte di alcuni viene considerata malattia, viene effettivamente da me esperita come disturbo. D’altra parte il DSM è manuale statistico, precisamente dei disturbi psichici. 


Per quella che è la mia esperienza, riporto il mio “disturbo psichico” a due condizioni, una di sofferenza, e una a cui potrei riferirmi come a una “discrepanza cognitiva”. Con il termine “discrepanza cognitiva” intendo una lettura o interpretazione inadeguata di certe situazioni, o addirittura della situazione generale in cui mi sono venuto a trovare. Potrei anche semplificare dicendo che ho “travisato la realtà”, o che avevo una tendenza “a travisare la realtà”, tuttavia parlando in questi termini, sento di esprimermi in modo meno descrittivo della mia situazione. Mi sembra meno descrittivo perché i travisamenti che effettivamente ho operato, erano sostenuti da dinamiche emotive associate a quelle situazioni. Potrei affermare che le mie facoltà cognitive sono state in parte agite dal substrato emotivo.


Sempre secondo la mia esperienza, mi sembra che i fattori che modulano l’andamento del mio disturbo psichico, risiedano sia nelle mie dinamiche intrapsichiche che in quelle relazionali, ma che non si possano collocare separatamente in nessuna delle due, ma piuttosto operino, come mi sembra naturale aspettarsi, nella loro interazione.


Così, per come ho introdotto questa mia esposizione, io vivo il mio percorso di ripresa - di uscita dalla condizione di “disturbo” - in una doppia prospettiva. Cerco sia di migliorare le mie reazioni emotive, anche attraverso un percorso di crescita personale, che, al tempo stesso, di adeguare le mie relazioni interpersonali a un miglioramento del mio benessere. Come dire, semplificando, che io faccio la mia parte per stare nella relazione, ma chiedo che anche chi mi sta intorno faccia la propria - cosa quest’ultima, che talvolta non è pretesa da poco per un paziente psichiatrico.


Proprio nella seconda prospettiva mi sono trovato di fronte al problema di mediare la mia identità personale col contesto sociale. Non che io non mi sia trovato ad affrontare questo problema anche prima che la mia condizione di disturbo, per una serie di circostanze, si acuisse fino a passare dal solo malessere a una condizione anche di discrepanza cognitiva. Però posso dire che nella condizione di paziente psichiatrico questo problema si è andato accentuando parecchio, e credo di poter affermare che, forse non solo per me, questo possa essere un fattore ostacolante della ripresa dalla condizione di disturbo.


Il problema dell’identità, da un punto di vista personale è un problema di auto-ascolto, ma anche di elaborare la capacità di proporsi agli altri, proprio per l’importanza che riveste per ognuno di noi la relazione. Da un punto di vista interpersonale è un problema di visibilità. È il problema della disponibilità degli altri a vederti per come tu ti proponi, invece che nel modo che loro decidono, vuoi per loro esigenze pratiche che intrapsichiche.


Per fare un esempio, dico che coloro che mi spiegano lentamente e con fare paziente e benevolo le cose più semplici, mostrando di pensare che io sia rimasto fissato a uno stadio di sviluppo infantile, o coloro che invece più spesso, e direi con molta frequenza, mi considerano del tutto incapace di riconoscere qualsiasi situazione di rischio o pericolo, mi sembra evidente che lo facciano per assecondare le proprie esigenze narcisistiche. In generale viviamo in una società in cui di solito non interessa all’altro conoscerti, o vederti semplicemente per ciò che sei, ma piuttosto cerca di collocarti in una categoria, in modo da adeguare convenientemente ad essa il proprio atteggiamento. Essere paziente psichiatrico esclude la formula “scusa, come ti permetti?”, perché in quanto paziente psichiatrico l’altro si può permettere, e una rimostranza anche pacata può scatenare un tentativo collettivo di rabbonorti, di tranquillizzarti.


Ora, quando il sociologo statunitense Erving Goffman ha definito le “istituzioni totali”, si riferiva a strutture che oltre ad essere organizzazioni burocratiche fossero anche comunità residenziali, in grado di limitare al loro interno la possibilità di socializzazione degli individui che vi risiedono. Sono totali in quanto esclusive. Tuttavia l’elemento su cui queste istituzioni operano, secondo l’analisi di Goffman, è proprio la capacità degli individui di proporre al contesto sociale la propria identità personale, di costruire la propria identità personale in quel contesto in cui sono relegate.


Per cui la mia osservazione - il mio monito, se vogliamo - è di stare attenti a non costruire per i pazienti psichiatrici, o per alcuni pazienti psichiatrici, una situazione che potremmo provocatoriamente definire di “manicomio domiciliare”. In proposito, aggiungo a quanto già esposto riguardo al proporre l’identità personale al contesto sociale, che per come mi appare, noi viviamo in una società esasperatamente classista, in cui si attribuiscono dei pesi in termini di valore alle persone, e questo determina una onnipresente struttura gerarchica, il cui fine non è organizzativo, ma di assecondare le esigenze narcisistiche. Il paziente psichiatrico, anche quando riceve il plauso, è l’ultimo anello di questa catena di gerarchizzazione del valore umano di ciascuno. È quello di fronte a cui tutti si possono sentire grandi, e alcuni pazienti psichiatrici lottano per poter salire individualmente di categoria, diventando motivo di vanto per la comunità che li appoggia. Che un contesto sociale di questo tipo opponga cieca resistenza al recupero dalla condizione di disturbo, mi sembra ovvio.

  

Vorrei anche riportare la mia esperienza per cui per la stragrande maggioranza delle persone - la quasi totalità di loro - sapere che una persona è un paziente psichiatrico, significa la licenza di non mettersi in discussione all’interno della relazione. E questo a volte è penosamente vero anche per i familiari stretti, magari anche pronti a prodigarsi nei confronti di questa persona, in alcune situazioni in cui lei ha bisogno di loro, ma non ad ammettere un loro errore o di avere avuto torto in qualche circostanza, semplicemente perché sentono di avere la licenza di escluderlo, in una situazione culturale come quella attuale, che rende il fatto di mettersi in discussione o di ammettere un proprio errore o una propria debolezza, difficile per tutti. Anche questo è un modo un cui l’identità del paziente psichiatrico è già tracciata, e con essa il suo destino è vincolato.


Vorrei concludere dicendo che riguardo all’abitare autonomo, la mia opinione è che certamente, anche nella situazione da me esposta, o soprattutto in questa situazione, apre maggiori prospettive e offre maggiori opportunità di gestirsi e di proporsi agli altri. Tuttavia io penso che senza una sensibilizzazione anche per i temi da me delineati, può non essere abbastanza. 


Maurizio Proietti

venerdì 25 novembre 2022

Fibonacci, grande mediatore culturale



Fibonacci, grande mediatore culturale


Acuni giorni fà, il 23/11 secondo la notazione italiana, ma l' 11/23 secondo la notazione anglosassone, si è celebrato il Fibonacci-day, una giornata dedicata al ricordo del matamatico italiano Leonardo Fibonacci (n. Pisa 1170 circa - m. 1235 circa). Si celebra ogni anno il 23 novembre, appunto perché le cifre 1 1 2 3 sono le prime quattro della successione di numeri interi positivi che porta il suo nome, la sequenza di Fibonacci. In questa sequenza, ogni numero si ricava dalla somma dei due che lo precedono.

Ho visto durante questa giornata, che molte persone in rete hanno celebrato questo matematico, appunto per la sua sequenza. 

La sequenza è effettivamente sorprendente perché la ritroviamo capace di descrivere molti fenomeni naturali. La sua importanza tuttavia cominciò a rivelarsi solo nel 19° secolo ad opera del matematico Edouard Lucas. Per cui non mi sembra che celebrare Leonardo Fibonacci, soprattutto per questa sequenza, renda giustizia al suo contributo nello sviluppo del pensiero scientifico contemporaneo.

Il suo contributo fondamentale è stato piuttosto di introdurre in Europa il sistema di numerazione che noi chiamiamo "arabo" ma che è stato sviluppato dai matematici indiani, anche se poi gli arabi lo hanno usato per sviluppare quella parte della matematica che prende il nome di algebra, e che ha dato l'avvio al pensiero matematico moderno. Lo stesso Fibonacci fu un insigne algebrista e introdusse in Eurpopa quel sistema di numerazione, mettendone in luce gli straordinari vantaggi, e rendendosi protagonista della sua diffusione.

Il sistema di numerazione "degli indiani" ("indorum") - come allora era chiamato - non è semplicemente un insieme di simboli, ma anche un modo di comporre i numeri. A partire dai simboli detti cifre, che denotano i numeri dallo zero al nove, si ottengono i numeri successivi attraverso il metodo di composizione che è ormai a noi familiare. A tale scopo si usa, come tutti sappiamo, anche il simbolo che indica la completa assenza, il nulla; il simbolo che chiamiamo "zero". 

La stessa introduzione del concetto di "zero" nel conteggio fu un'operazione culturale non da poco. Per molti eruditi del tempo questo concetto era incomprensibile e a loro detta "inutile e atto solo a generare confusione". Non è che il concetto di "nulla" - di completa assenza di oggetti - fosse sconosciuto agli altri popoli antichi, prima che gli indiani lo introducessero nella numerazione, e che non vi fossero modi per simboleggiarlo. È il fatto di introdurlo nel conteggio a non essere affatto scontato, perché non si vede il motivo di voler contare l'assenza, che piuttosto è condizione che determina la non necessità e la non possibilità di contare. In reltà tuttavia i vantaggi nell'introdurla nella numerazione sono innegabili, e in Europa è stato principalmente il Fibonacci a farlo comprendere. 

Così che questo grande matematico è stato artefice di un'importante opera di mediazione culturale tra popoli che - non dimentichiamolo - non solo erano geograficamente separati, ma anche distanziati da sistemi di credenze religiose diverse. 

Leonardo Fibonacci deve essere considerato, oltre che un grande matematico, un degno figlio di una cultura capace di aprirsi non solo agli scambi commerciali, ma anche agli scambi culturali con altri popoli; erede, in questo, della tradizione degli antichi romani.

Quanto alla "sequenza di Fibonacci", essa è la descrizione matematica di una semplificazione ai termini più elementari, dello sviluppo di una popolazione di conigli. Si suppone che ogni coppia di conigli diventi fertile dopo un mese dalla sua nascita, e che ogni coppia di conigli generi una e una sola altra coppia di conigli, e si parte da una prima coppia di conigli a cui si assegna il numero 1.  Il computo del suo sviluppo mensile è descritto appunto dalla sequenza di Fibonacci 1 1 2 3 5 8 13 21 ecc. La sua importanza, per come io la vedo, risiede essenzialmente nel fatto che descrive lo sviluppo di un fenomeno naturale, suggerendo le possibilità applicative del metodo matematico. C'è da credere che proprio per questo motivo, il Fibonacci l'abbia inserita nel suo "Liber Abaci", trattato di algebra in cui introduce la nuova numerazione insieme a questa branca della matematica sviluppata dagli arabi a partire dal sistema matematico indiano.

Ciò che può sembrare stupefacente è che, come si è scoperto successivamente, proprio nella sua basilare semplicità, la sequenza di Fibonacci descrive lo sviluppo di molti fenomeni naturali. Ma questa circostanza è atta a illustrare come la complessità del mondo naturale si sviluppa proprio a partire dalle condizioni più elementari, tramite i processi più elementari.

Maurizio Proietti iopropars

martedì 22 novembre 2022

La crisi della democrazia


 


La crisi della democrazia

Nel video che presento, la scrittrice turca Ece Temelkuran parla della crisi della democrazia in Europa, e dice che secondo lei è molto intrecciata con la crisi del capitalismo. 

A me la sua affermazione non sembra coerente con i dati che cita lei stessa. Io ritengo che la crisi della democrazia in Europa sia conseguenza dell'attuale strapotere del capitalismo, ottenuto grazie all'affermazione di un neo-liberismo che da teoria economica è stato fatto assimilare dalle masse come dottrina sociale.

Lei stessa afferma di essere nella buffa situazione di dover proteggere la democrazia dal popolo. Più che buffa io la definirei paradossale, dal momento che la democrazia è appunto il governo del popolo, che chiedendo governi autoritari rinuncia ad autogovernarsi. Ma se vi rinuncia è perché, come lei stessa osserva, già non si autogovernano.

Lei dice che la gente dovrebbe iniziare a scendere nelle piazze per portare avanti i propri bisogni. Il concetto di bisogno tuttavia è un concetto psicologico, anche se talvolta assume un carattere di oggettività. Un medico può ad esempio dire a qualcuno che lui ha bisogno di bere perché è disidradato, e in questo caso il bisogno è oggettivo. Il fatto che sia un concetto psicologico significa che è soggetto a una valutazione personale da parte di coloro che ne sono portatori.

Io sostengo appunto che l'attuale organizzazione economico-sociale non opera a vantaggio della maggioranza della popolazione, ma di una minoranza di essa. Il problema è che la maggioranza della popolazione condivide i falsi valori della minoranza privileggiata - come il prestigio e l'affermazione sociale e la smania di acquisire sempre maggiore ricchezza e potere - ed è per questo che non si sa governare a proprio vantaggio, né è cosciente della propria condizione sociale, se non che non riesce a tirare avanti, quando non riesce a tirare avanti. Però non capisce che dovrebbe smettere di correre dietro ai miraggi e di sostenere una forma di organizzazione socio-economica che privilegia una minoranza di prepotenti.

Maurizio Proietti iopropars

Riporto di seguito una mia opera multimediale che ho pubblicato qualche giorno fa




Favorevole a legalizzare l'ora

Vignetta di Maurizio Proietti iopropars Favorevole a legalizzare l'ora Pensavo ai miei amici di quando ero giovane, quando mi è venut...