Visualizzazione post con etichetta Socrate. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Socrate. Mostra tutti i post

lunedì 19 agosto 2024

Verso la meta

Verso la meta 
Dipinto digitale di 
Maurizio Proietti iopropars 



Verso la meta 

"Conosci te stesso" è il fulcro della lezione di Socrate; una meta da tenere sempre presente, da non perdere d'occhio. Possiamo porre problemi di metodo, ma sicuramente per l' essere umano questa è la meta. Come cristiano io posso affermare che la mia meta sia quella di conoscere Dio; certamente. Eppure questo chiaramente intuisco, che i due percorsi non sono distinti. 

D'altra parte se parliamo di metodo, come più volte ho già affermato nei miei post, è la tensione verso l'obbiettivo che ci permette di determinare il metodo; non si può determinare il metodo di un qualsiasi compito che ci prefiggiamo, a prescindere dalla sua esecuzione. È semplicemente necessario confrontarsi con la realtà per sapere come operare su di essa. Su che base si potrebbe costruire il metodo se non ci si confronta con lo scopo che si persegue? Se non ci si confronta con lo scopo, si può solo costruire un sistema metafisico. Io in questo senso posso affermare che in me i due obbiettivi di conoscere me stesso e di conoscere Dio, per quanto ovviamente distinti, si praticano in un unico percorso di vita.

Conoscere sé stessi e conoscere Dio sono due obbiettivi che delineano la nostra vita, e richiedono le medesime scelte e le medesime azioni; richiedono per essere portati avanti, di aderire agli stessi principi. Sono due forme di conoscenza che plasmano il nostro modo di essere, e che non possono essere disgiunte dall' etica. 

D'altra parte, tuttavia, nemmeno l' organizzazione sociale può essere disgiunta dall' etica, proprio perché l' etica comprende quell' insieme di principi su cui si basa la convivenza civile. Dunque in questo senso si può dire che un periodo storico di un popolo può essere più o meno buio o luminoso.

Il mio giudizio sul presente periodo storico, a livello mondiale, ma in particolare riguardo all' Italia, è che questo sia un periodo piuttosto buio. È un periodo storico che si potrebbe definire dell' "Anticiviltà", per cui potrebbe essere anche quello dell' Anticristo. 

È questo un periodo storico in cui l' individualismo sfrenato viene propagandato come spinta propulsiva della produzione, e dunque del benessere; ma poi anche, in ultima analisi, come fondamento della civiltà, perché si dice che dove le pance sono vuote, anche le teste non possono pensare.

In tal modo viene propagandata questa utopia della meritocrazia, che sarebbe un sistema sociale in cui coloro che maggiormente si impegnano, ottengono riconoscimenti e ricompense da parte della società. Si riconoscerebbe il merito di chi si impegna.

A me sembra che in tutto ciò sia presente una contraddizione nei presupposti etici, che si rivela non poco disfunzionale. La contraddizione nell' etica, è che questa valorizzazione del merito non si fonda su valori di solidarietà, ma sulla contemporanea valorizzazione dell' individualismo anche sfrenato. Si sostiene più o meno velatamente, che la solidarietà offusca l' impegno individuale impedendo che venga remunerato. Però in questo modo ad essere esaltato è l' impegno piuttosto di coloro che sono scarsamente interessati al benessere collettivo, e sono invece motivati da desiderio di ricevere riconoscimenti e dal proprio tornaconto.

Questa circostanza porta alla formazione di individui piuttosto vani. Sono individui che quando si tratta di produrre opere che siano realmente a vantaggio della collettività, sono molto protesi alle apparenze e poco alla sostanza; semplicemente perché vengono cresciuti nell' egoismo, nel disinteresse per il benessere della collettività. Viene disprezzato quel sentimento della collettività che fonda la convivenza civile. Si dice che quello che qualcuno fa per sé stesso, in quanto aumenta la ricchezza globale, è ciò che realmente torna a vantaggio della società nel suo complesso. 

A me tutto questo sembra piuttosto una frode, perché chi lavora per sé stesso, riceve la propria ricompensa da ciò che produce per lui il suo lavoro, mentre il merito andrebbe semmai attribuito a chi rinuncia al proprio vantaggio in favore di quello della collettività.

Ora poi, se si sostiene che però la situazione è tale che l' impegno individuale in un qualsiasi lavoro, comunque non produce risultati per chi vi si impegna, io dico che qui il discorso non riguarda il merito ma l' equità nella retribuzione.

In questa confusione terminologica e ancora prima ideologica, hanno preso forma atteggiamenti rivolti a costruire un prestigio sociale che si lega allo svolgimento di una qualsiasi professione. Questi atteggiamenti sono costruiti nella mimesi del modello medico. Il medico viene cioè preso come modello ideale di figura professionale. Il problema è che la grade maggioranza delle persone viene ad essere poco abituata e poco incline a forme di pensiero più profondo. Per questo vi è  incapacità di distinguere le condizioni che permettono a certe figure professionali, come i medici, di portare avanti correttamente tutto ciò che è richiesto dalla loro professione, da ciò che conferisce loro prestigio sociale, e di cui il professionista serio non si dovrebbe curare.

Abbiamo che la maggior parte della gente sembra essere animata principalmente dalla smania di ottenere prestigio sociale, e risulta molto spesso priva di intendimento, ossia non ha cognizione della natura delle cose e di come rapportarsi con esse. Si fanno strada individui infantili pieni di spocchia, che vengono portati avanti da coloro che ne condividono i valori.

Prendiamo come esempio la diagnosi medica. È abbastanza ovvio che questa richiede competenze mediche e sia dunque prerogativa dei medici. Se applichiamo il modello medico alla psicologa, si possono però ottenere conseguenze aberranti. 

Non è poca la gente che conosco, che nella mimesi del modello medico, pensa che la consapevolezza debba essere prerogativa esclusiva dello psicologo o dello psicoterapeuta. In questo modo si tende ad espropriare la persona umana, di quella che è una sua funzione fondamentale. 

Il compito dello psicologo o dello psicoterapeuta dovrebbe essere invece quello di aiutare a ripristinare la funzione della consapevolezza, ove a causa di un complesso di circostanze fosse venuta a cadere, o aiutare a svilupparla dove non fosse sufficientemente sviluppata. Altrimenti sarebbe come affermare, che deve essere il fisioterapista a portare in braccio la gente ovunque questa voglia andare.

Inoltre, visto che ho portato l'esempio della fisioterapia e più in generale del ruolo di aiuto al recupero di certe funzioni negli individui, aiuto che è proprio di certe figure professionali, sottolineo che anche qui c'è da considerare la specificità di queste situazioni rispetto al modello medico. Se in una cura a base di antibiotici, il paziente non deve fare altro che seguire la cura secondo le indicazioni del medico, nel percorso di recupero di una qualsiasi funzione è invece necessario che da parte della persona che richiede aiuto alla figura professionale, vi sia la tensione verso questo recupero. Il professionista diventa allora piuttosto un consulente che un curatore.

In queste forme di consulenza, la misura del successo è data dalla perdita del proprio ruolo da parte del consulente. Ma dove il consulente cerca auto-gratificazione nel proprio ruolo, si produce un modello di intervento professionale che per sé stesso riduce la sua capacità di successo.

Sono questi alcuni dei motivi per cui dico che la società contemporanea è organizzata e continua ad organizzarsi in forme che ostacolano il progresso degli individui verso la conoscenza di sé stessi.

Eppure la meta continua a stagliarsi all' orizzonte di coloro che verso di essa sappiano orientarsi.


Maurizio Proietti iopropars 


 

Er presepio - Trilussa

  Er Presepio - Trilussa V e ringrazio de core, brava gente, pè 'sti presepi che me preparate, ma che li fate a fa? Si poi v'odiate,...