Tutti (o quasi) i Santi
Si può esprimere ciò che si prova, e condividerlo, sia dandone una semplice descrizione, sia attraverso forme artistiche che portino gli altri ad esperirlo in modo più diretto. Ora, certamente non è detto che si debba esprimere e condividere solo disagio. Tuttavia di condividere i propri disagi, a me sembra che talvolta vi sia maggiore necessità; forse perché le situazioni di disagio richiedono una risposta, e ci sembra bene elaborarne una collettiva.
martedì 1 novembre 2022
Tutti (o quasi) i Santi
domenica 9 ottobre 2022
No room for peace
No room for peace
Questo è il mio ultimo dipinto digitale. È la mia reazione alla notizia che l'Europarlamento ha bocciato quello che a me sembra un ragionevole emendamento a "la risoluzione con la quale si conferma l’impegno a rafforzare le forniture di armi all’Ucraina" (Risoluzione del 6 ottobre 2022). Il testo dell'emendamento diceva “Si invita l’Ue e gli Stati membri a vagliare tutte le potenziali vie per la pace e a proseguire gli sforzi per porre immediatamente fine alla guerra”.
Il mio sospetto è che vi siano interessi europei in questa guerra, che i rappresentanti eletti tengono nascosti ai propri elettori. In questo caso la sovranità non apparterrebbe più al popolo, come invece vorrebbe la Costituzione Italiana.
Qualche considerazione sull'opera d'arte
Io considero questo mio dipinto digitale come un'opera d'arte multimediale. Lo considero un'opera d'arte anche se sembra che io sia l'unico, o quasi, ad apprezzarlo. Ma, io dico, almeno qualcuno che lo apprezza ci sta.
D'altra parte io lo considero un'opera d'arte per l'intensità con cui risponde ai miei intenti espressivi.
Chiarisco che quando parlo di "opera d'arte", non uso questa espressione con valore enfatico, ovvero non intendo con l'espressione esaltare il valore del dipinto. Parlo di "opera d'arte" esclusivamente in termini descrittivi, classificatori, indicando la categoria di oggetti a cui nella mia valutazione appartiene.
Io dunque sono arrivato a stabilire del mio dipinto che è un'opera d'arte e rimane tale indipendentemente dal fatto che altri lo capiscano. Questa mia conclusione ha come implicazione che la categoria delle opere d'arte debba avere un carattere di oggettività. In questo modo io vengo ad assumere che un'opera sia un'opera d'arte indipendentemente dalla formulazione del giudizio da parte dell'intelletto giudicante, al pari di come lo è la verità, che deve essere dall'intelletto riconosciuta come verità, e che tale rimane anche se il riconoscimento non avviene.
Io dico che l'intelletto umano non crea la verità, ma semplicemente la riconosce come tale. Io tuttavia non affermo, con Platone, che la verità esiste al di fuori dell'intelletto giudicante. Ammetto con Kant che la verità esiste solo nell'intelletto giudicante e cioè, come Kant ha affermato, che l'io penso deve poter precedere ogni mio giudizio o, come lui sintetizzava il concetto, che l'io penso è l'atto originario dell'appercezione trascendentale. Se questo è vero, dobbiamo ammettere con Eraclito che l'intelletto umano opera secondo le proprie leggi, che lui chiamava Logos.
Per chiarire senza ombra di dubbio, tuttavia, la mia posizione anti-idealista, specifico che è cosa ben diversa affermare che la verità esiste come verità esclusivamente nell'intelletto giudicante, dal dire che sia la realtà ad esistere esclusivamente nell'intelletto giudicante. E questo è vero, sebbene, come Kant pone in luce, altro modo di conoscere la realtà, non abbia l'intelletto, che nelle forme che le sono proprie, ovvero secondo le proprie leggi.
Riconosciamo dunque la verità come tale, se ci atteniamo alle leggi che ci governano. Altrimenti, se noi forziamo il nostro intelletto al di fuori delle proprie leggi, la verità continuerà ad esistere come possibilità per la nostra mente.
In tal modo io, affermando che questa mia creazione è un'opera d'arte anche se non viene apprezzata, affermo che è tale da poter essere riconosciuta anche dagli altri come opera d'arte.
In pratica io affermo che anche il nostro senso estetico obbedisce a determinate leggi. Così che se l'arte varia in funzione dell'epoche storiche e delle differenti culture dei popoli presso i quali viene prodotta, cionnonostante possiamo sempre arrivare a distinguere tra le opere, un'opera d'arte come opera d'arte. In tal modo con differenti culture possiamo dialogare, e le differenti epoche storiche noi le possiamo comprendere.
Io ho usato come criterio di riconoscimento "l'intensità con cui risponde ai miei intenti espressivi". "Esprimere" ha un'accezione diversa dal semplice "dire", e può significare "comunicare le proprie emozioni". Io riconosco nel mio dipinto digitale un'opera d'arte perché ritengo che veicoli efficacemente al mio contesto sociale le mie emozioni. Possono non piacere le mie emozioni a coloro che potrebbero pensare che sono suscitate da un fraintendimento della situazione. Ma sono comunque - questa è la mia valutazione - efficacemente espresse.
Maurizio Proietti iopropars
lunedì 12 settembre 2022
Padre perché mi hai abbandonato
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Albero della libertà Dipinto digitale di Maurizio Proietti iopropars |
Non è un caso che il moderno esistenzialismo prenda l'avvio da un pensatore cristiano, Soren Kierkegaard. Questo filosofo, nella sua opera "La malattia mortale", descrive come il problema umano non riguardi esclusivamente l'essere o il non essere, ma anche l'essere sé stessi o il non esserlo. Non si tratta esclusivamente di vivere o morire, ma di vivere autenticamente la propria vita oppure no. Kierkegaard afferma che la vita senza la fede è disperazione, perchè solo fondando noi stessi in colui che ci ha posto in essere, possiamo essere noi stessi.
Padre perché mi hai abbandonato
“Padre perché
Mi hai abbandonato?"
Sono d'accordo con Lutero,
Suona tremenda questa frase, fa capire
La ferocia di coloro
Che inflissero il supplizio
Della croce a un innocente.
Fu questa la ferocia
Dell’odio contro un uomo
Che in loro risvegliava il sentimento del peccato,
Proprio appunto perché puro
Esempio
Egli era di giustizia.
Odiarono costoro
In lui la parte migliore di sé stessi,
La purezza originaria dalla quale col peccato
Essi si eran distaccati,
La purezza che era incarnata
In quell’uomo giustiziato.
Io comprendo in questa frase, pronunciata da Gesù,
Che egli perse il sentimento
Di sé stesso nel supplizio.
Quelli a questo
Lo portarono col modo
In cui gli diedero la morte:
A sentir che in quella morte
Non poteva
Dio essere con Lui.
Vi riuscirono per mezzo
Di un supplizio riservato
Ai colpevoli più abietti,
Di un giudizio calunnioso che infliggeva
Terribile agonia fino alla morte.
Vi riuscirono perché
Fino all'ultimo non volle,
In risposta a quell’accusa condannarli.
Questo è dunque il modo in cui
Il Cristo ci amò.
Ci amò Egli fino al punto che perdette
Di sé stesso il sentimento,
Prima
Che la morte lo prendesse,
E tuttavia non volle condannare.
Maurizio Proietti iopropars
sabato 10 settembre 2022
Io di te mi ricordo
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Incontro Dipinto digitale di Maurizio Proietti iopropars |
Quando la luna su nel cielo
È piena
Così che chiaramente
Si possono distinguere le forme,
Non definirei la luce che diffonde
Come una luce fredda
Quanto piuttosto una luce quieta,
Capace nel suo chiarore di accogliere
Quanto avviene al suo cospetto.
Così ricordo una notte estiva in agosto
Piena di amore e di giubilo
Ma insieme così serena,
Quando il tepore dell'aria pura
E ricolma
Della calma presenza marina,
Vestiva i nostri corpi nudi
Assecondando i nostri moti con dolcezza
E non c'era frenesia nei nostri baci
E nelle carezze e negli abbracci
Che invece inondava di pace
Quel firmamento di stelle
Che cantavano e danzavano leggere.
Luna, quando in quel modo ti vedo
In alto nel cielo in agosto,
Di te mi ricordo, eri presente e discreta
In quella notte di amore,
Che nelle vicende dei giorni
Durante i miei anni
Nel passato è rimasta travolta,
Ma in tua presenza torna a rivivere
E a tingere il mio sentimento
Di nostalgico amore.
Maurizio Proietti iopropars
giovedì 8 settembre 2022
A Dio rimetto la giustizia
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Quanto a capire. Dipinto digitale di Maurizio Proietti iopropars A Dio rimetto la giustizia |
In me al pensiero che trionfa
Sicuramente in Dio, la giustizia:
Che chi deve
Ricevere il perdono
Da Lui certo è perdonato,
Ma andrà incontro al suo castigo
Certamente chi al castigo,
Da Lui, è stato destinato.
Questa gioia io sento perché
Mi sembra che parte del male
Che ho ricevuto sia tale che questo
Male della misericordia
E del perdono sia indegno,
Ma anche avverto che non posso
Arrogare a me il giudizio
Di condanna perché troppo
Grande è il timore di sbagliare.
E però nella mia fede
Senza dubitare
Questo tuttavia credo,
Che se quel male
È tale da non potere
Essere perdonato,
Non sarà perdonato,
Ma che se è tale da potere
Essere perdonato,
Sarà perdonato.
In me gioisce il sentimento
Al pensiero che in Dio
La giustizia certamente trionfa,
E io Lo attendo,
E la sua giustizia attendo
Perché se in me gioisce
Il sentimento alla giustizia
È perché amo la giustizia,
E creduto ho infatti per la fame
E la sete che avevo di giustizia.
Maurizio Proietti iopropars
Il dipinto digitale, intitolato "Quanto a comprendere", vuole simboleggiare la necessità del salto della mente razionale nella fede, che è contenuto questo, espresso anche nella poesia.
venerdì 2 settembre 2022
Il veleno su Placido Domingo
Il veleno su Placido Domingo
Io dico che tutto questo veleno versato su Placido Domingo non mi convince.
Come premessa dichiaro che io penso che non è che la violenza sulle donne non ci sia, perché invece mi sembra che ci sia e sia anche grave. Aggiungo però che se al giorno d’oggi ci fossero stati i farisei in cerca di un pretesto per crocifiggere Gesù, di donne pronte a giurare di aver ricevuto da lui molestie sessuali, ne avrebbero trovate parecchie. Poi la grande quantità di bruti pronti al linciaggio morale di chiunque riceva accuse infamanti, riempie la calunniosa vasca dei piragna, dentro la quale queste moderne emule di Giuda lanciano le loro vittime. Lo dico perché nel mio piccolo mi è personalmente successo e continua a succedermi, e alcuni leggendo queste mie parole sicuramente diranno “Ecco un pervertito e un molestatore consumato”, perché questo al giorno d’oggi è ciò che va di moda fare, e in questo modo qualcuna che va letto con loro sicuramente la trovano.
Però di Placido Domingo dico che se sia colpevole o innocente io non posso saperlo e che bisognerebbe aspettare che la giustizia faccia chiarezza sulla faccenda. Questo però è ciò che dicono anche i suoi denigratori, che tuttavia lo attaccano, non perché è stato accusato di molestie, figuriamoci, ci mancherebbe altro, lo attaccano come artista perché a 80 anni non è più capace di cantare come quando ne aveva 30, ed è perfino dovuto uscire prematuramente di scena per un calo di voce. Che vergogna! Un calo di voce in un cantante lirico a 80 anni! È un cosa mai vista, forse anche perché di cantanti lirici che ancora riescono a cantare a 80 anni non se ne vedono proprio a frotte. Chi lo sa?
Magari chissà? Magari se uno va ad assistere a uno spettacolo di un cantante come quello, con un passato glorioso, che a quell’età ancora ce la fa a sostenere uno spettacolo, non è per ammirare un’esecuzione dalla precisione millimetrica, e forse però anche priva di passione - dico per dire perché può capitare. Magari ci va per vedere come riesce a portare la sua esperienza, la sua riflessione, la sua passione di una vita sul palco. Ci va per assistere a un'interpretazione che mai nessun giovane, sia pure eccezionalmente dotato, potrebbe offrire. E io di quegli orchestrali che al momento di ricevere gli applausi non si sono alzati in piedi, mostrando di non avere nessuna remora ad offendere l'età vetusta, non ho fiducia alcuna.
Io ho guardato su YouTube gli stralci di quell’esecuzione che sono stati pubblicati, e voglio dire che per quel poco che ho potuto vedere, la sua interpretazione mi ha colpito da un punto di vista recitativo, attoriale, e di come lui riuscisse portare questa sua recitazione nel canto. Mi ha fatto piacere assistere al suo “recitar cantando”, che è appunto questa la lirica.
Poi delle donne vorrei anche parlare perché ci sono ancora donne che sostengono che mai una donna potrebbe accusare ingiustamente qualcuno di violenza sessuale o di molestie, per rispetto verso le altre donne. Come se a una persona capace di testimoniare il falso in giudizio contro il proprio prossimo, potesse dispiacere di nuocere qualcuno in qualsiasi modo. Io sostengo che un calunniatore non ha alcuna remora morale di nessun tipo. E che cosa? Pensiamo che la cattiveria riguardi solo il genere maschile? Sai che gliene importa a una donna che accusa ingiustamente qualcuno di violenza, che altre donne che invece subiscono violenza per davvero possano perdere di credibilità? Ma sai che gliene importa, che queste siano state violentate nel modo più brutale? Cosa è che ci dovrebbe far credere che tra tutte le donne vi sia sempre solidarietà? Il fatto che le amiche incontrandosi si salutino con il bacetto sulla guancia? La solidarietà effettivamente ci sta, ed è da parte di quelle che non calunniano verso le calunniatrici. Ma la solidarietà non c’è in senso opposto, da parte delle calunniatrici verso quelle che non calunniano. E se quelle che non calunniano smettessero di essere solidali con le calunniatrici, il livello di pace e di benessere generale crescerebbe a dismisura. Viviamo in una società dove si respira veleno, e parte di questo veleno lo diffondono le donne. E anche perché, se una parte degli uomini che usano violenza contro le donne, disonorano la propria madre, altri nel commettere queste forme di violenza, della propria madre sono degni figli.
E allora la deduzione ovvia, normale e corrente, che si trarrebbe da questo mio discorso, nel contesto sociale in cui viviamo, è che io sostengo che se una donna denuncia una violenza o una molestia, non debba mai essere creduta. Così ci tengo a precisare che io invece sostengo proprio il contrario, ovvero che vada accolta e messa in condizione di denunciare prontamente l’accaduto, in modo che sia anche più facile dimostrare la violenza subita. Però sostengo anche che prima di condannare, le accuse vadano provate, e che nel dubbio bisogna sempre assolvere, senza per questo biasimare colei che ha denunciato.
Maurizio Proietti iopropars
venerdì 26 agosto 2022
Alchimia Umana
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"Alchimia Umana" dipinto digitale di Maurizio Proietti iopropars |
Con quanto scritto di seguito, non intendo spiegare il dipinto, ma piuttosto illustrare le mie emozioni coinvolte nella sua creazione.
Io penso all'alchimia, storicamente, come a un'aspirazione alla chimica di cui intuiva la possibilità. E più ancora che un'aspirazione la vedo come reificazione di una fantasia in cui alla possibilità che veniva intuita, si dava una forma di pratica effettiva. Così che per me è alchimia un mescolare elementi, senza produrre, se non occasionalmente, interazioni reali, ovvero reazioni chimiche.
Con "Alchimia Umana" intendo una condizione esistenziale che può venire prodotta da contesti organizzativi che non producono interazione umana reale, alienando gli individui che vi partecipano, di parte delle loro naturali modalità relazionali, e dunque delle loro emozioni. Si producono questi individui in certa misura assenti da sé stessi, che a volte compensano guardando la televisione e sognando la vita di altri. Alcuni sognano la vita dei personaggi famosi in cui si immedesimano. Forme di compensazione ci sono perché vengono elaborate ed offerte.
A me sembra che la tonalità emotiva che fa da sfondo all'alchimia umana, sia quella del sentimento di colpa, soprattutto per chi è nei gradi inferiori della scala gerarchica dei contesti organizzativi che la producono. Questo sfondo del sentimento di colpa, si affaccia in gran parte della produzione letteraria di Franz Kafka, come ad esempio il racconto "Il colpo contro il portone". La mancanza di interazione reale non permette di chiarire i motivi di conflitto, generando attribuzioni di responsabilità che si trasformano in colpa, soprattuto per chi ha meno potere sugli altri.
Un esempio senz'altro banale, ma a mio avviso esplicativo del mio pensiero, per quanto potrei farne numerosi altri, lo ritrovo in un'interazione che ho avuto oggi pomeriggio, con una giovane donna al supermercato. Io, dopo avere pagato alla cassa, stavo molto rapidamente terminando di mettere le mie provviste dentro le buste, quando ho rallentato un pochino per mettere due buste chiuse di insalata lavata e in atmosfera protettiva, in modo che non si forassero durante il tragitto a piedi fino a casa, come mi era un'altra volta successo. Immediatamente allora, la signora che stava dietro a me, si è fatta avanti, senza esattamente spingermi, ma comunque facendo pressione con la sua spalla sul mio braccio, e facendo capire che era il suo turno di prendere possesso della posizione, e iniziare a mettere a posto la sua mercanzia, e che non poteva tenere più conto della mia presenza in quel posto nemmeno per un altro secondo, come effettivamente nel suo modo di fare non ne teneva più conto, se non quel tanto da non poter essere accusata di esercitare la forza. Si potrebbe definire una reazione maleducata, senza dubbio. Ma è maleducata appunto perché in quel modo di fare vi è un'attribuzione di colpa, l'attribuzione di una resposabilità da parte mia per un live rallentamento, che io non avevo, come lei certamente aveva potuto osservare, e su cui sarebbe potuta passare sopra. Diciamo che in quel modo ha cercato di farmi pesare la situazione. Si è mostrata infastidita, sia pure senza protestare apertamente. Se solamente non avesse voluto attendere, sarebbe semplicemente bastato dire un breve "Mi scusi", e iniziare a prendere le sue cose senza interferire con i miei movimenti. Le sarebbe bastato essere interattiva, ovvero tenere conto della mia presenza. Le sarebbe bastato comportarsi da essere umano, e portare avanti le sue esigenze, tenendo conto di quelle degli altri.
Nel mio dipinto vi è appunto una forma di organizzazione che tuttavia non esprime interazione.
Io oggi pomeriggio al supermercato mi sono guardato bene dal rivolgere un educato appunto a quella signora, del tipo "Signora mi scusi un istante, se mi consente ho quasi finito". Infatti ho idea, per esperienza, che abbastanza verosimilmente in questo modo avrei scatenato le ire del cassiere e delle altre persone in fila, non perché penso che tutti ce l'abbiano con me, ma perché attribuire colpa a qualcuno, a ragione o a torto, costituisce una condizione di vantaggio su quella persona. La mia netta impressione è di vivere in una società in cui moltissima gente, forse la maggior parte delle persone, non ha alcuna remora ad accusare ingiustamente qualcuno. In questa lotta di tutti contro tutti, anche le accuse ingiuste risultano utili, sebbene di solito non vengono formulate apertamente, ma piuttosto ventilate, fatte capire, in modo che più facilmente ci si possa ritrarre, e poi anche per non dare all'altro modo di difendersi ed eventualmente scagionarsi - è ovvio ci mancherebbe.
I contesti organizzativi di cui parlo, possono a volte determinare in coloro che occupano i gradi inferiori della scala gerarchica, la sensazione di non potersi sottrarre dall'essere trovati sempre colpevoli, perché non riescono a soddisfare le condizioni troppo gravose che vengono loro imposte. È quacosa di diverso dal problema "di avere un super-ego troppo potente", come può essere espresso in chiave freudiana, perché dipende dalle modalità organizzative a cui si è sottoposti. Intendo dire che non nego che la condizione descritta da Freud possa verificarsi, e cioè che l'istanza psichica preposta al controllo sul nostro comportamento morale, esageri nella sua funzione. Dico però che a determinare la sensazione di non poter sfuggire la colpa, in certe situazioni, vi possono essere innanzitutto dinamiche sociali, e solo di riflesso intrapsichiche.
Passando sul piano religioso, che occupa uno spazio profondo nel mio vissuto emotivo, dico che in questi casi mai dobbiamo pensare che il vissuto di non potersi sottrarre alla colpa venga da Dio. Perché anzi, quando il popolo di Israele era schiavo in Egitto, in una circostaza di questo genere Dio inviò Mosè a liberarlo. Infatti gli egiziani aggravarono la condizione di schiavitù degli israeliti, imponendo loro che dovessero procurarsi anche la paglia necessaria per fabbricare i mattoni che poi avrebbero utilizzato per le costruzioni, e che prima era loro fornita dagli stessi egiziani. Gli israeliti si trovarono allora in una condizione, non più solo di schiavitù, ma in cui non ce la potevano fare a soddisfare le richieste di coloro che li avevano ridotti in schiavitù.
Diciamo che al giorno d'oggi in Italia, un senso di insopprimibile inadeguatezza nei subalterni, si produce con meccanismi meno aparenti e non così gravosi, e ad esserne vittime sono le persone meno spregiudicate.
A Mosè fu data da Dio la Legge, che avrebbe dovuto garantire al suo popolo la coesistenza pacifica e la collaborazione. In realtà la Legge venne applicata, col passare del tempo, solo nei suoi aspetti esteriori, allo scopo di fare del rispetto della Legge un motivo per sé stessi di vanto.
Successivamente è venuto Gesù che ha sostituito la parola della Legge con il senso della Legge, che è, e anche prima avrebbe dovuto essere, nell'amore.
Gesù è morto per il perdono dei peccati, perdonando coloro che lo avevano crocifisso, e rivelando la disposizione di Dio riguardo alla colpa.
L'ipocrisia ha tuttavia, per come mi appare, di nuovo preso il sopravvento, trasformando anche il Cristianesimo, almeno in una larga parte, in una forma esteriore di culto. Le stesse "buone maniere" vengono sfoggiate come motivo di vanto da chi, essendo in condizione privileggiata, in un cerso senso "se le può permettere". Questo comunque è stato predetto, come sta scritto "Avranno le forme della pietà, ma prive di quanto ne costituisce l'essenza".
Per meglio chiarire le forme che prende l'alchimia umana, mi viene l'esempio di San Francesco D'Assisi in relazione all'organizzazione della Chiesa Cattolica. Per me è evidente che le crociate fossero una pratica anti-cristiana, ma nessuno mai avrebbe a quel tempo avuto il coraggio nemmeno di pensarlo. Se San Francesco lo avesse detto, anziché essere proclamato santo, sarebbe stato bruciato sul rogo. Ora tutta la gerarchia cattolica è retta dalla regola dell'obbedienza, che è qualcosa di diverso dall'amore fraterno con cui si possono risolvere le divergenze. Io sul Vangelo leggo "Non chiamate nessuno padre vostro sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei Cieli". Vai a dirlo a loro! I sacerdoti sono tutti "padri", e l'autorità suprema "Santo Padre". Un sacerdote mi ha risposto "Ci sono pure i protestanti", con un tono di voce che intendeva "Che scuse vai cercando?".
Non c'è interazione perché non c'è dialogo, perché sostanzialmente non c'è amore. Ecco allora che si genera "un'alchimia umana".
Maurizio Proietti iopropars
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