giovedì 30 novembre 2023

Non lasciamo allo sdegno

Dipinto digitale
di Maurizio Proietti iopropars

Non lasciamo allo sdegno

Di fronte al male
Anche talvolta efferato,
Non lasciamo
Che ad agirci sia il nostro sdegno,
Ma sia con saggezza,
Che invece,
Ci rivolgiamo a cercare giustizia.

Maurizio Proietti iopropars
 

Lo spettro del patriarcato

Questo mio discorso non vuole essere un'analisi sociologica, ma semplicemente viene dal fatto che anche io come altri, cerco di farmi un'idea di ciò che mi succede intorno, e voglio condividere  il mio pensiero. Mi sembra che sia importante condividerlo, perché penso che occorre partire da sé sessi e dal proprio vissuto, per capire la società che ci circonda. Così che condividerlo significa aprirsi al confronto. Significa anche aprirsi maggiormente alla comprensione del pensiero altrui.

In tal modo, chi sono io? Voglio con questa domanda specificare il mio punto di vista. Io sono un rifiuto sociale. Ho sì diritto di voto, che quello non te lo leva nessuno, ma serve a ben poco in una società che nega a parecchi qualsiasi altra forma di partecipazione, e così mi ritrovo ad essere un rifiuto sociale, e dunque la mia opinione non conta. Però anche poco mi toccano gli scandali, ma anche i moti di giubilo che serpeggiano nel contesto sociale dal quale mi trovo sommerso. Sono per me come schiamazzi che avvengono in casa di estranei. Posso parlare però, della mia esperienza di vita e cercare l'incontro, ovvero di aprimi un varco nell'alienazione della società che frenetica si muove tutto intorno.

Eccomi dunque che camminando sul ciglio di questa autostrada in cui vivo, che è questa organizzazione sociale ai cui margini cerco di arrabbattare la mia esistenza, provo a capire cosa mi succede intorno. E intendiamoci, io non dico di essere il custode della verità vera, ma che la conoscenza non nasce dalla competizione ma dalla collaborazione; nasce socraticamente dallo sforzo collettivo nel confronto.

Un sintomo del livello di alienazione raggiunto dalla nosta (pseudo)civiltà contemporanea, è che si organizzano le "Olimpiadi internazionali di filosofia", patrocinate dall'UNESCO. Dicono che si fanno per valorizzare le eccellenze, ovvero coloro che, come dice la canzone di Iannacci, "ti spiegano le tue idee senza fartele capire". Diciamo che da quando Vance Packard nel 1957, publicò il suo libro "I persuasori occulti", questi professionisti della comunicazione, hanno raggiunto livelli più elevati di specializzazione, e sanno che "le tue idee" te le devono fare capire. A questo scopo - per fartele capire - si devono "valorizzare le eccellenze", demolendo, in nome della filosofia, il fondamento stesso della filosofia, ovvero il confronto dialettico, in cui non vi può essere competizione. Si devono produrre "sofisti" - così si chiamavano ai tempi di Socrate.

Oggi si dice che la causa della violenza sulle donne sarebbe il patriarcato. Dal suo mazzo di tarocchi, qualcuno ha estratto questa carta, ed è andata a segno. Ciò che si tace, è che qui è guerra di tutti contro tutti. Cosa vuoi "educare all'affettività"? Perché qualcuno, all'insegna del buonismo - che sempre racimola consensi - questo è quanto ha suggerito. Cosa vuoi educare all'affettività, in un'organizzazione sociale in cui per ottenere qualsiasi cosa, ci devi andare col coltello tra i denti? Significherebbe educare ad essere inadatti alla sopravvivenza. Non intendo dire, inadatti alla sopravvivenza nell'abiente naturale, ma in un gioco che gli stessi che muovono i fili della nostra organizzazione sociale hanno strutturato. Inadatti alla sopravvivenza in un ambiente umano, che invece dovrebbe essere supportivo.

È vero, secondo me, che non bisogna demonizzare la competizione, perché se non portata all'eccesso, può essere funzionale in determinati ambiti. Funzionale può essere nelle attività sportive - nelle quali non è male risvegliare un pochino la nostra base animale - ma anche nell'attività commerciale, perché no? Sempre se non è eccessiva, perché altriment diventa guerra. Ma chiunque abbia provato a confrontarsi in modo serio con i propri amici, deve anche aver avuto esperienza di come in quei casi, la competizione riesce di ostacolo al sereno confronto, e io dico, anche a un corretto sviluppo del nostro pensiero. Essere competitivi confonde il discorso, ma anche annebbia la mente, perché la verità va riconosciuta come tale da qualunque parte essa provenga. Per avere accesso alla verità, occorre essere distaccati. Il confronto dialettico non è una partita a scacchi l'uno contro l'altro, ma un giocare insieme contro l'ignoranza.

Ecco dunque che nel mercantilismo invasivo del mondo contemporaneo, l'intelligenza che non sia mero calcolo ma reale comprensione, sempre di più viene esclusa da ogni posto di responsabilità, e si sta riuscendo a scacciala dalla cultura e dall'insegnamento. Chi è distaccato non sa farsi strada e viene sderenato. Tutti dicono a sé stessi, perché ormai si è capito, che qui bisogna essere cattivi, uomini e donne. Bisogna darci dentro a muso duro, anche se col sorriso sulle labbra. Dai che anche l'ipocrisia è necessaria! O no? È proprio con quella che ti fregano.

Così c'è una destra che in linea di massima è più severa, e una sinistra che più si richiama al buonismo, ma si guarda dal  proporre di modificare un'organizzazione sociale in cui la competizione è idolatrata come motore di qualsiasi benessere, e come fattore di emancipazione sociale. Rimane soltanto che per rendere meno brutale la società in cui viviamo, si vuole dare, da parte di alcuni, un minimo di reddito a tutti, che garantisca la sopravvivenza.

Non c'è tempo per riflettere su se stessi, e chi come me lo propone è rivisto, questa è la mia impressione, come uno che sparge veleno. "Alla larga". Il mondo è delle lobbies, delle organizzazioni clientelari, e questo sono, per come mi appaiono, anche i partiti politici. Non importa tanto distinguere il vero dal falso, quanto di avere ragione, a vantaggio della propria parte da cui si ricava vantaggio. Di qui la carenza nelle analisi socio-politiche. Come disse Pilato "Cosa è verità?", e dal sangue di quell'innocente (Gesù) lui si lava le mani, "...da quel giorno Erode e Pilato, da nemici che erano divennero amici".

Venendo al dunque, io non nego che la violenza sulle donne ci sia, né che vada contrastata, quella su di loro come quella su chiunque altro. Però mi sembra che per contastarla, sia necessario ricorrere a un'analisi sociologica più approfondita, che non sia di dire che è colpa del patriarcato, o della sora Menica o del sor Capanna, o del Bagatto o dell'Impiccato, o di qualsiasi archetipo o tarocco si voglia evocare. 

Perché? Oltre ad essere una forma di organizzazione sociale, dite che il patriarcato, non è un archetipo che aleggia nell'immaginario collettivo ed evoca la nostra memoria ancestrale? Io non dico che parte della violenza che subiscono le donne, non sia dovuta al tentativo da parte di alcuni uomini, di imporre sulle proprie vittime, una propria autorità maschile. Dico che questa circostanza non è sufficiente a spiegare il fenomeno nella sua interezza; non nell'Italia attuale.

Vorrei analizzare qualche circostanza. 

In Italia, con la caduta del fascismo, nel referendum in cui si chiedeva di scegliere tra monarchia e repubblica, per la prima volta le donne hanno avuto diritto di voto, e da allora in poi il suffragio è stato esteso anche alle donne. Ora non mi risulta che sull'estenzione di questo diritto vi siano state resistenze da parte degli uomini, e anzi dagli uomini è stato voluto. È vero che prima di arrivare al nuovo diritto di famiglia, in cui la patria potestà è suddivisa in parti uguali tra marito e moglie, è dovuto passare ancora del tempo. Però cerchiamo di sfatare il clima di battaglia tra i sessi, perché i riconoscimenti che le donne hanno ottenuto, non li hanno ottenuti tramite una rivoluzione armata, ma perché si è instaurato un dialogo con larga parte della società maschile.

In altre parole a me non sembra che oggi in Italia ci sia una cultura maschile che vuole negare la parità di genere e che gli episodi di violenza contro le donne, siano espressioni estremizzate di questa cultura.

Dopo la scoperta dell'omicidio di Giulia Cecchettin, alcuni di questi vip che occupano una posizione che conferisce loro credito e pubblico ascolto, hanno detto che si vergognano di essere uomini. Ebbene si vergognino loro se hanno qualcosa da vergognarsi, perché io mi sento di essere uomo a testa alta, perché non faccio e non ho mai fatto violenza a nessuno, pur avendo subito io stesso violenza in varie forme, non solo da parte di uomini, ma anche da parte di molte donne. Però la violenza che io lamento di aver subito da parte di donne, non è stata violenza fisica, si potrebbe obbiettare con buonismo ostinato. E questa obbiezione meriterebbe l'applauso, perché veramente credo che sia troppo ottuso per chiunque, ridurre le forme di violenza alla sola violenza fisica. Si pensi anche solo alla diffamazione a mezzo stampa che prevede anche la reclusione da sei mesi a tre anni. Ma se parliamo di violenza domestica, si può rovinare la vita a qualcuno anche senza mai alzare su di lui nemmeno un dito; anche se poi, questa non è circostanza che giustifica violenza fisica in rimando.

Io mi trovo circondato da gente prepotente e violenta, uomini e donne in eugual misura, solo che la violenza e la cattiveria delle donne, assume spesso forme differenti da quelle che assume quella degli uomini. Per farla proprio chiara, non è che dico che la violenza sulle donne sia giustificata da quella delle donne. Dico che bisogna organizzare una società che non sia così violenta, ma meglio sarebbe dire così cattiva; una socità in cui uomini e donne non siano così prepotenti e aggressivi, e anche molto ipocriti e malvagi, protesi all'accumulo di danaro e alla vanagloria, assetati di prestigio personale e nient'altro. Proprio colpa del patriarcato... sì! come no... Inizino anche le donne a mettersi in discussione e a prendersi le proprie responsabilità, invece di evocare fantasmi.

Questa figura di donna angelicata, esente da ogni colpa e vittima secolare della prepotenza maschile, che è stata costruita e che viene imposta e anche viene accolta come nuovo idolo sociale, celato culto di una modernizzata Cibele, è certamente funzionale a placare gli animi delle masse di alienati, che di sentirsi buoni hanno tanto bisogno. E allora questi si ammassano nel rito delle loro adunate oceaniche contro la violenza sulle donne, in questa società feroce in cui le donne alla ferocia danno il loro paritario contributo, ma in cui uomini e donne si riconoscono nel ruolo del cavaliere che salva dal drago la fanciulla indifesa, parecchi di loro in gran numero pronti a opprimere gli umili e i miti, che non hanno celato nel cuore il loro odio omicida. Perché loro anche, uccidono, ma di morte lenta.

Questa figura femminile, come altri miti della società italiana di oggi, sembra essere stata assunta dal più esacerbato femminismo di quando ero io ero giovane, questa della donna oppressa durante i secoli dal maschio. È vero che c'è stata questa evoluzione civile nei secoli passati, che ha portato ad esempio a rendere più chiaro a tutti, quanto criminale possa essere ridurre qualcuno in schiavitù, e anche ha portato a una migliore considerazione del ruolo delle donne nella società, anche accogliendo le rivendicazioni che esse stesse portavano avanti. Ma se c'è stata, non è stato grazie alla competizione organizzata - sbandierata artefice dell'efficienza e del progresso e del benessere e della civiltà e di ogni virtù - ma grazie a coloro, uomini e donne, che anteponevano la solidarietà al profitto.

In una società fondata su disvalori, non dovrebbe stupire la violenza sui soggetti sociali più deboli. Anche i bambini più deboli perché portatori di qualche difetto fisico, sono soggetti alla violenza dei loro compagni. Fa parte delle regole del gioco. Anche chi è educato e sensibile viene fatto a pezzi dai prepotenti. È normale. Poi dicono che arrivano i cinghiali, i lupi, gli orsi, è chiaro, perché le città oramai appartengono al selvatico. Gli animali selvatici temono l'uomo, ma qui esseri umani non ce ne stanno.

E invece questo modello di donna è stato estratto dal cappello dei moderni e più agguerriti persuasori occulti, che hanno aiutato a reprimere il dissenso facendo leva sulla minaccia del terrorismo. È la donna competitiva sul mercato, altrettato feroce di quanto siano feroci gli uomini, però più manipolativa che incline a menar le mani. Ma io incontro pure donne che quando possono non esitano ad usare la violenza fisica anche loro. Come qui a Roma e dintorni, dove sono in pochi, ad esempio, coloro che rallentano per fare passare i pedoni sulle strisce pedonali, mentre i più invece accelerano, perché in quel punto i pedoni hanno la pretesa di passare e fanno perdere loro tempo. E allora le vedi queste donne che premono sull'acceleratore, al pari proprio dei loro compari maschi, e che induriscono la faccia e sembrano pensare "Se ti devo ammazzare per passare prima ti ammazzo, vorrà dire che poi mi levano i punti sulla patente". Dure, micidiali, feroci, assassine. Proprio pari agli uomini, loro compari.

Mi divorino pure vivo, se dico questo, staccando a brani dalle ossa la mia carne, ma violenza non è solo l'omicidio o le percosse, ma c'è una violenza quotidiana che ti priva anche di ogni spazio sociale, e nella quale certamente le donne non sono da meno (che brutta bestemmia che ho detto, eh?).E non affermo affatto che questo giustifica la violenza sulle donne, perché a subirla anche dalle donne, sono proprio i miti, uomini e donne, coloro che n0n farebbero del male ad una mosca. 

Ora sapete? Io preferisco fare la spesa online, perché non mi va di avvelenarmi il sangue con questi prepotenti, e le donne in certe cose mi sembrano più velenose degli uomini (e questo, lascatevi servire, è un classico stereotipo patriarcale), come quando al supermercato loro proprio non ti vedono, non si accorgono punto della tua presenza. Allora è naturale che per prendere qualcosa dagli scaffali ti passino col braccio davanti alla faccia, mentre anche tu sei occupato a prendere le tue cose, e che tu per evitare di essere urtato ti debba scanzare: uno dei tanti esempi che si potrebbero fare, di come ti rendano persino stressante, semplicemente il fatto di muoverti negli spazi sociali. La mia impressione, di fronte a comportamenti come questo, è che se ti possono fare una cattiveria te la fanno. Dice, ma non saranno tutte così. Lo spero proprio. Ma la semplice presenza sociale, l'accesso agli spazi sociali condivisi, è reso stressente anche grazie a queste donne. Io ne incontro sempre troppe. È uno stillicidio di cattiveria gratuita, di voluta maleducazione, che forse serve loro a sentirsi più forti, perché è questo che conta più di ogni altra cosa al mondo.

Anche quando andavo al supermercato, preferivo le casse automatiche, che - tra l'altro - almeno alla fine ti dicevano "Arrivederci e grazie". Perchè con le cassiere umane - si fa per dire - quasi sempre sgarbate e che alla fine mi buttavano lì lo scotrino e iniziavano a passare gli acquisti del cliente successivo, se qualche volta io educatamente salutavo anche non salutato, l'atteggiamento che assumevano, sia che non rispondevano che se rispondevano con condiscendenza, era sempre che loro erano scocciate che io ci stessi provando con loro mentre loro non ci stavano. Scusate ma non ci credo più che siano reazioni spontanee. Mi sembra invece che siano comportanmenti velenosi. Dice, ma quelle stanno lì a lavorare, mica a intrattenere gli uomini. Io però non ho bisogno di essere intrattenuto, e proprio per evitare la maleducazione e tanti comportamenti e atteggiamenti indisponenti, preferisco la spesa online. 

La mia esperienza è questa. La maggior parte delle donne con cui vengo a contatto sono maleducate e aggressive. Voglio dire che se contro le persone miti, queste fanno la disinfestazione con i pesticidi, non si dovrebbero lamentare degli uomini violenti. Ma in realtà il loro punto di vista è un altro. Il loro punto di vista è "con chi ce la posso lo distruggo".

Ribadisco che non affermo che gli uomini siano migliori delle donne. Pure loro, se ti possono fare una cattiveria te la fanno. In questo la gente in generale - maschi e femmine - è veramente disinteressata. È che parlare solo di violenza sulle donne, non mi pare che colga la radice del problema. Con tutta la compassione che anche io ho verso le donne vittime di violenza, questa soluzione di arginare la violenza fisica per mantenere il putridume, sotto la coltre del buonismo, dei sorrisi prestampati, e di un'inclusione sociale di facciata, a me non sembra così grandiosa, perché mi ritrovo quotidinamente vittima di altri tipi di violenza. Diciamo vittima di una cattiveria quotidiana che io penso che possa essere più verosimilmente la causa anche della violenza sulle donne, di quanto non lo sia il patriarcato.

Quello che affermo è che ciò che suscita tanto sdegno è la proverbiale punta dell'iceberg.

Io dico che per combattere ogni forma di violenza, dobbiamo cercare di rivedere i valori sui quali costruire una società civile. Molto schemeticamente per me le radice del problema non è il patriarcato, ma l'organizzazione capitalistica della società. Il capitalismo che ha imposto al mondo l'ideologia neoliberista, che propugna un mercantilismo pervasivo di ogni aspetto dell'umana esistenza, sta attraverso di esso costruendo una nuova etica di Stato, fatta di bassezza e ipocrisia.

Secondo me anche il politicamente corretto fa parte di questa etica di Stato. Per me ad esempio, almeno in Italiano, non c'è nulla di dispregiativo nel dire "negro" anziché "nero". "Nero" indica un colore, mentre "negro" indica un'etnia se non vogliamo più chiamarla "razza", che pure, se non si è razzisti, non racchiude in sé alcuna valenza dispregiativa per nessuno, perché con "razza", ci si riferiva anche a quella chiamata "bianca". Si può pure dire "nero", e dirlo con disprezzo, se si è razzisti. Nella lingua italiana, storicamente, suona più razzista dire: "l'africa è popolata per lo più dai neri", piuttosto che dire: "l'africa è popolata per lo più dai negri". Ma chi ha visibilità mediadica detta l'etica di Stato. Negro è stato coniato in forma di rispetto, per togliere la valenza emotiva negativa che ha nella nostra cultura il colore nero, colore del lutto, e usato per questo anche come colore aggressivo dai pirati e dalle "camice nere".

L'etica di Stato permette di nascondere la natura dei problemi, dando in contraccambio a chi vi aderisce, di fare sfoggio dei propri buoni sentimenti, veri o falsi che siano. Il buonismo - che è la bontà esteriorizzata, fatta abito da sfoggiare, costruzione di identità sociale - va a sostituire la bontà. L'importante è costruire la propria identità sociale, sia indossando determinati vestiti e possessedendo determinati oggetti, che con l'adesione a determinati clichés. D'altra parte gli individui sono suddivisi in categorie sociali. Non c'è spazio per il pensiero individuale. Io sono appunto infatti, un rifiuto sociale. E bestemmio per questo motivo, in questo modo, l'etica di Stato, dicendo che è tempo che le donne considerino le proprie responsabilità nell'edificazione di questa società cattiva e disumana, che copre la propria malvagità costruendosi una falsa coscienza. 

Va anche preso in esame, che le sacerdotesse della Nuova Cibele - divinità subliminale del neoliberismo - che ricamano donne vittime di abusi ma mai colpevoli di nulla, possono essere un più persuasivo veicolo di messaggi anche socio-politici che non invitano mai al pensiero. 

Hai visto simpatici cosa dicono? Che il 98% dei colpevoli di violenza carnale sono uomini. Vai! Perché la violenza carnale è l'unica forma di violenza possibile, e dunque la più completa innocenza delle donne è statisticamente dimostrata. Braviiii (applauso scrosciante). Dopo una mano di belletto, sono pronte per i messaggi mediatici. La democrazia oramai funziona in questo modo: il diritto di voto non te lo leva nessuno (anche se sotto il 4% o quant'è, non ha rappresentanza politica in parlamento, nessuna voce, nulla).


L'ideologia noeliberista 
applicata al femminismo

Di fronte all'omicidio di Giulia Cecchettin, e al tipo di clamore che si è alzato intorno a questa vicenda, il mio pensiero va proprio a un vociferante falso femminismo che sciama all'intorno, falso come false sono quasi tutte le dottrine che serpeggiano in questo Stato. 

Intendiamoci, io non faccio affermazioni su questo omicidio, le cui circostanze conosco solo per sentito dire, da parte poi di una stampa di cui ormai ho imparato a non fidarmi più di tanto. È una stampa che sì informa, ma vuole anche influenzare l'opinione pubblica, anche se poi i soggetti che messi insieme vanno a formare l'opinione pubblica, chiedono di essere influenzati allo scopo di costruire una propria identità sociale di successo o per lo meno accettabile. È così appunto che si costruisce quel soggetto sociale che prende il nome di opinione pubblica. Sono masse di individui che hanno un loro potere di pressione. È chi muove queste masse che detiene però il potere decisionale.

In realtà le decisioni devono essere sempre prese in funzione del sostegno al sistema economico, che non deve mai andare in recessione, onde evitare il crollo organizzativo, e dunque va mentenuto costantemente in crescita. Mantenerlo costantemente in crescita, vuol dire che la produzione di beni e servizi al suo interno, deve continuamente aumentare. Per riuscire in questa impresa, si vende anche identità sociale.

In realtà ciò che succede in questo sistema, è che con l'aumento globale della ricchezza, aumentano anche le differenze nella sua distribuzione. Questo vuol dire che nell'arricchimento globale, i più ricchi si arricchiscono in percentuale maggiore dei più poveri. Il che significa, per forza di cose, un aumento del loro potere decisionale, ovvero del loro controllo sulle masse, che nella loro ricerca di identità sociale, vengono asservite al sostegno del sistema. Sono masse di produttori, ma devono essere anche compratori. Producono e acquistano beni e servizi, e anche identità sociale, il modo in cui apparire e proporsi agli altri. L'essere cede il posto all'apparire nella vita sociale.

L'identità sociale è una componente psicologica che va a sostituirsi alla relazione autentica, dove, nella competizione generalizzata, vengono a cadere i presupposti per relazioni autentiche. Ognuno vive racchiuso nel proprio narcisismo, servendosi per quel che gli è possibile degli altri a cui, per via della socialità della natura umana, non può rinunciare.

Cosa vuol dire l'espressione "Vanità delle vanità" usata dall'Ecclesiaste? L'Ecclesiaste è colui che parla all'assemblea, come sta scritto "Ho creduto e per questo ho parlato". La sua autorità si chiama saggezza e riposa sulla fede. "Vanità delle vanità" vuol dire che le cose vane, quelle inutili, sono effettivamente vane, sono effettivamente inutili. Lui nel suo discorso vuole illustrare questo, e conclude che non c'è altro di importante nella vita, che obbedire alle leggi del Dio Creatore. Il fondamento della Legge del Creatore è appunto l'amore reciproco. Tutto il resto è vanità e inutile affanno. Ma noi viviviamo in un sistema che alla vanità ti trascina. È un sistema che, alla ricerca del benessere, ci spinge a condurre vite insensate. Per un essere umano è certamente meglio privarsi del pane che commettere un'ingiustizia. Capire questo è saggezza.

In tal modo, se io sostengo che è decisamente il caso che anche le donne considerino le proprie responsabilità, non è certo per odio nei loro confronti. È perchè non sono manipolativo e dunque non sono un adulatore. Sono tuttavia, questo onestamente lo devo ammettere, un rifiuto sociale, e dunque la via per il successo non la so indicare, ma porto invece fuori strada.

Ora, se io non pretendo che la mia esperienza personale, o l'esperienza di altri così come mi viene riportata, forniscano un preciso spaccato sociale. Tuttavia penso di potermi fare un'idea approssimativa di come vadano la cose, al di là di una descrizione mediatica che, considerando la mia esperienza, non riconosco come veritiera. 

A me sembra che le donne intorno a me siano diventate nel corso degli anni, da quando ero ragazzino, sempre più maleducate, prepotenti e aggressive, e soprattutto false e manipolative. Della mia impressione si può non tener conto perché si può anche argomentare che se io sono, come io stesso sostengo, un rifiuto sociale, è perché sono rimasto ancorato a una mentalità patriarcale. Però io rifiuto ogni forma di violenza, e penso che manipolare gli altri, sia anche questa una forma di violenza, perché non c'è il riconoscimento dell'altro come persona. Così sono o non sono la stragrande maggioranza di queste donne, così manipolative come io sostengo? Se ci tengono, esse stesse si interroghino, e se si accorgono che in molti o alcuni casi, anche esse sbagliano, cerchino di correggersi. Non sarò certo io a far loro la guerra, perché il mio Signore è principe di pace.

Io penso che l'ideologia neoliberista applicata al femminismo, abbia prodotto il brulicare di queste donne insensate, che scimmiottano coi loro discorsi un certo tipo di femminismo in voga quando io ero giovane, ma senza essere capaci di analisi sociale. 

Quella che segue potrebbe essere anch'essa un'osservazione insensata, ma forse anche no. È un'idea che mi sono fatto, da cose che mi raccontano ma anche guardandiomi intorno, che non solo aumentano sempre di più, gli uomini che si sentono andare verso l'omosessualità, ma che molti ragazzini che sognano una storia di amore, sognano di averla con un altro ragazzo, non con una ragazza. E il punto è che forse la loro prospettiva è più realistica di quella di coloro che ancora sperano di poter trovare l'amore nella relazione con una ragazza o con una donna. Non penso che in questo vi siano in motivi "patriarcali", ovvero la volontà frustrata di imporre la propria autorità maschile alle donne. Penso che questo risieda nella sostanziale incapacità ormai, da parte della grande maggioranza delle donne, di dare e ricevere amore. Ma semplicemente perché esse stesse reprimono l'amore in sé stesse. Non è una questione di libertà delle donne che si vuole negare, ma del fatto che molte di loro si sono fissate la regola, così almeno mi sembra, che amare un uomo sia per loro causa di debolezza. Vogliono essere amate senza ricambiare, e fanno di sé stesse maschere della commedia dell'arte. Mi sembra che cerchino di rendersi sessualmente attraenti, ma che distruggano in sé stesse i propri sentimenti. Anche il sesso in questo modo assume un valore strumentale, diventa mezzo di manipolazione.

Poi, se le cose non stanno nel modo che io ho descritto, meglio per loro. Però io, che personalmente non mi sento per niente attratto da una relazione omosessule, che anzi trovo per me emotivamente sgradevole, preferisco praticare l'astinenza. Lo faccio per evitare che una di queste donne finisca di distruggermi, proprio perché non sono rapporti sessuali quello che cerco da una donna, ma vorrei l'amore, e di averlo nella relazione con una di loro loro, non riesco più a sperarlo. Nessun problema per nessuno: una mia scelta. Ma se io ho ragione, qualcosa che non va, ci sta sicuramente, direi.

Non è che io affermo che la situazione che ho descritto giustifica la violenza sulle donne, perché se affermassi questo - dico per dire - dovrei uscire di casa con una mannaia e iniziare a menar fendenti a destra e a manca. 

Però la seguente considerazione la faccio. Tu ti metti insieme ad una donna e ami questa donna che dice che lei ti ama, e poi di punto in bianco lei ti dice che con te si è stufata e si mette con un altro, uno con una più solida posizione sociale. (reso rozzo e schematico, anche brutale se vogliamo, ma tolti i frizzi e abbellimenti e ghirigori che intorbidano le acque, almeno per quel che mi riguada, sostanzialmente realistico). È chiaro per me che tu la debba lasciare andare, ma pensando pure che quella è una persona indegna, e che tu ci sei cascato come un pollo. Perché lei ha simulato di avere per te sentimenti che non aveva, allo scopo di vivere con te quella relazione che ha vissuto, senza in realtà stimarla per il suo valore. Da donna insensata si è vissuta la sua storia, come un tempo facevano gli uomini insensati. Ma magari donne di questo tipo ci sono sempre state come pure uomini di questo tipo continuano ad esserci. Ebbene questa donna vada pure, non vale nemmeno la pena di dirgli queste cose in faccia. Però allora aggiungo, che per poter lasciare andare una donna da gentiluomini in certe circostanze, occorre anche poter pensare che ci sono donne indegne, e non solo le povere vittime della violenza "patriarcale", o meglio, invece, sarebbe dire le vittime della violenza di uomini immaturi e violenti. Va reso chiaro che la cattiveria appartiene anche alle donne. Abbattiamo la statua di Cibele, la Mai Nata Grande Madre di tutti gli dei, nuovo idolo del neoliberismo.

Io dico che, uomo o donna che sia, chi venga cresciuto incapace di pensare che una persona che lo tratta in un modo abietto, sia una persona indegna di sé, viene cresciuto anche vulnerabile, e colpito nel più profondo di sé stesso, può avere delle reazioni che normalmente non gli sono proprie. E aggiungo che, se è incapace di valutare quella persona ignobile come tale, può essere incapace di sviluppare da quella persona il necessario distacco, e questo può sfociare anche in reazioni violente, per via dell'attaccamento a una persona che invece gli fa male. Certo, ribadisco, questa situazione non giustifica le reazioni violente e certo denota parecchia immaturità affettiva, ma in alcuni casi può spiegarle meglio che evocare il patriarcato, che invece magari può essere una spiegazione per altri casi. I due casi vanno distinti perchè nel primo caso bisogna prendere delle contromisure differenti dal secondo. Queste possono essere di cercare di promuovere di impostare con maggiore chiarezza le relazioni, ma anche di acquisire una grande dose di autocontrollo in più, da parte di chi può anche avere ragione, ma se arriva ad ammazzare, dire che è passato al torto è alquanto un eufemismo.

Questo vale sempre per tutti, e cioè che sia che siamo adirati a torto, sia che lo siamo a ragione, quando proviamo ira ci dobbiamo controllare. Questo è comportarsi da persone civili. Ma c'è chi dice che essere civili fa ammalare. E questi trovano branchi di innumarevoli seguaci.

Tuttavia se io ripudio la violenza sulle donne come ogni altra forma di violenza, affermo anche che si è sviluppata una cultura del femminile che produce un errato modo di essere e di proporsi agli altri. È un modo di essere donna che appunto non è il risultato del femminismo, ma del neoliberismo applicato al femminismo. L'ideologia sociale neoliberista cancella la dimensione del collettivo e disegna una società formata da singole individualità in competizione le une con le altre. Non tiene conto che queste individualità si muovono in un'ambiente sociale. Non tiene conto che alla base di un'ambiente sociale vi deve essere la volontà degli individui di collaborare per il bene comune, che è cosa riconoscita, tra l'altro, anche dalla Costituzione Italiana. 

Io penso che vadano evitati entrambi gli estremi. Si deve evitare di cancellare la dimensione dell'individuale; perché la dimensione collettiva non può essere imposta, ma si deve formare dalla volontà dei singoli individui. E si deve evitare di cancellare la dimensine del collettivo; perché nel cancellare questa dimensione non c'è reale possibilità di realizzarsi per un essere umano. Se si cancella la dimensione del collettivo, si crea un contesto sociale di aggressività e solitudine. E non è nemmeno efficiente, come si vorrebbe far credere, perché troppo conflittuale. Però qui si dice "La solidarietà favorisce gli oziosi. Bisogna competere". E tutti si adoperano perchè i più ricchi diventino ancora più ricchi, sacrificando alla loro ricchezza e conseguente potere, la propria stessa umanità. 

La dottrina dell'individualismo assoluto, applicata a un movimento di rivendicazione di diritti, ha prodotto queste donne che hanno aderito alla fede - o in questa fede le più giovani ci sono cresciute - che bisogna anteporre la propria autorealizzazione ai propri sentimenti per non farsi sopraffare dal maschio padrone. E la realizzazzione di sè, viene fissata nel ruolo sociale. È una negazione dell'importanza che una relazione intima appagante ha per noi esseri umani, uomini e donne, allo scopo di poterci sentire realizzati. Ecco dunque una generazione di individui asserviti alla produzione. Coppie stabili, io intorno a me ne vedo poche.

E con queste mie ultime affermazioni ho rivelato alle sacerdotesse e ai sacerdoti della Nuova Cibele, quanto io sia "patrircacale". Dovrebbero mandare il camion della nettezza urbana a ritirarmi, perché credo ancora nell'amore eterno.


Quale idea 
mi sono fatto sull'omicidio

Già se dico "quale idea mi sono fatto", è evidente che non ho la pretesa di aver capito come stanno esattamente le cose. Se però ci tengo a riferire quale idea mi sono fatto, è perché da ciò che scrivono gli stessi giornali che spiegano gli avvenimenti in un certo modo, mi sembra che non sia affatto dimostrato che il modo in cui spiegano gli avvenimenti sia corretto, e anzi mi appare piuttosto verosimile che la spiegazione debba essere un'altra.

A me il ragazzo che ha ucciso Giulia Cecchettin, sembra una persona squilibrata. Anche guardando la sua foto, mi dà questa impressione. A me sembra una storia di attaccamento morboso finito in tragedia. Chi lo sa? Può essere anche che se avesse incontrato una donna diversa - badate che non dico una donna migliore, ma soltanto una donna diversa - una donna adatta a lui, la tragedia non ci sarebbe mai stata e avrebbero vissuto insieme felici la loro vita.

Poco dopo che è stato ritrovato il corpo della povera ragazza, prima ancora che emergesse qualche elemento in più sull'omicidio, qualcuna di questi vip (cantanti, attori, personaggi dello spettacolo: tutta gente molto importante) ha dichiarato in rete quale fosse il movente dell'omicidio. Ha dichiarato che il movente era quello di voler privare della sua libertà quella ragazza, in quanto donna. E tutti sono partiti lancia in resta contro il mostro. Questo ragazzo è stato eretto a simbolo della violenza maschile contro le donne. Prima ancora del processo. Prima ancora che venissero formulati contro di lui i capi d'accusa.

A me pare più verosimile, che quando questo ragazzo ha percepito l'inevitabile distacco da lui, dell'oggetto del suo attaccamento morboso, questo oggetto si sia trasformato per lui in un oggetto persecutorio, così che lui, in parte voleva punire la ragazza che gli faceva del male e in parte la voleva trattenere. Io non sono uno psicanalista per dire questo, ma è una cosa che mi suggerisce la mia sensibilità. Non è che lui non amasse la ragazza, ma la sua l'incapacità di distaccarsi da questa persona che se ne stava andando, ha trasformato il suo amore in un legame con una persona che gli faceva del male abbandonandolo. Lui ha voluto impedirle di fargli ancora male, e forse per questo magari, pure nella follia che in lui si è scatenata, non avrebbe voluto ucciderla.

Anche il modo in cui è scappato è secondo me un sintomo di disorientamento. Dicono una fuga di mille chilometri. Ma dove mai poteva andare in Germania o dalla Germania. La cosa più logica, se avesse organizzato di fuggire, sarebbe stata di cercare una via di fuga verso la Croazia, di tentare di raggiungere un paese dove qualche lavoretto sottopagato in nero, anche senza documenti, avrebbe potuto trovarlo, per potersi mantenere in latitanza. Quel che voglio dire è che, a me, la sua sembra la fuga di uno che scappa senza sapere dove andare. Dicono che aveva fatto il pieno alla sua automobile. Un po' poco per organizzare una fuga in seguito a un omicidio che avrebbe premeditato. Ma anche il pensiero di organizzarsi una vita in latitanza, non mi sembra tanto sensato, per uno che non ha appoggi. Dunque anche questa lunga fuga senza meta mi pare segno di disorientamento.

Poi, voglio dire, questo ragazzo scappa, e si porta dietro per mille chilometri il coltello con cui avrebbe accoltellato venti volte la sua vittima e il nastro adesivo che avrebbe usato per tapparle la bocca. Per me, se è vero, emerge anche da questo quanto poco lucido potesse essere. Poniamo solo che se ne fosse sbarazzato in autostrada. Dove mai avrebbero potuto cercare? Sono tutti elementi che mi fanno pensare che questo ragazzo abbia agito perchè mosso da un ira regressiva, trascinato ad una fase precoce del suo sviluppo psichico, ad una fase infantile. Ripeto ancora che non sono uno psicanalista per poterlo affermare, ma che è la mia sensibilità che me lo suggerisce.

Poi io mi chiedo come si fa a ritenere che il legame affettivo sia un'aggravante per questo omicidio. Sarebbe un'aggravante se ad esempio il movente fosse stato quello di impossessarsi di una grande somme di danaro che appartenava alla vittima. In questo caso invece, il legame affettivo fa parte del movente. È il legame affettivo contrastato che porta all'omicidio. Si può e si deve dire che un legame di questo tipo non è sano, ma non si può considerare aggravante. Non può nemmeno essere identificato come possessività, ma piuttosto sembra essere sgomento per il fatto di sentirsi abbandonato. Possessività è se si vuole cercare di stabilire un controllo pervasivo. Qui invece sembra che agisca la paura di perdere il legame, ma più ancora il sentimento disperato che la perdita sia inevitabile. Se la disperazione di aver perso il legame è il movente, non può essere un'aggravante ma una situazione di infermità mentale.

Il punto è che se si da scontato che il ragazzo abbia ucciso per un retaggio patrircale, il resto viene da sé.

Si vede chiaramente che quando ci sono i vip che hanno capito tutto e pensano per tutti, la situazioni sono chiare e si opera secondo giustizia, in modo che gli indignati abbiano soddisfazione. Così si diceva quando si sfidava a duello "Signore, chiedo soddisfazione". La presente situazione ha proprio tutto l'aspetto di un retaggio patriarcale.

Mi sembra assurdo che una tragedia dell'infermità mentale, debba essere presa a simbolo della violenza degli uomini sulle donne, come hanno avallato quei vip maschi, che hanno dichiarato di vergognarsi di essere uomini.

Inoltre, sollevare uno scandalo del genere, non mi pare un modo idoneo di procedere da un punto di vista giuridico. E anche disumano mi sembra  l'impatto psicologico devastante che si può produrre su una persona che, impazzita, si sente posta sotto accusa non solo per l'episodio di sangue di cui si è resa protagonista, ma per tutta la violenza che subiscono le donne.

Mi sarebbe sembrato più prudente aspettare che si facesse maggiore chiarezza sugli avvenimenti, prima di lanciarsi alla carica contro lo spettro del patriarcato, e di coloro che da questo spirito si fanno possedere, che è cosa che riporta alla grcia antica. Per come la vedo io, questo è quanto successo a livello mediatico, depennando tuttavia i nomi dei mostri mitologici e degli dei, che venivano chiamati in causa nei tempi antichi. I vip d'altra parte sono i nuovi "eroi" nel senso antico.

Vorrei concludere con l'osservazione che mi sembra strano che una persona colpita con venti coltellate riesca a correre. Dico che se le coltellate sono state inflitte prima dell'ultimo percorso in macchina, e la vittima ha poi tentato la fuga correndo, non doveva aver perso molto sangue per queste coltellate, che dunque non dovevano essere state inflitte per provocare la morte. La morte si sarebbe verificata dopo che il suo inseguitore l'avrebbe raggiunta scaraventandola a terra, e sarebbe avvenuta dopo che la vittima avrebbe sbattuto la testa. Orribile per quanto comunque possa essere, a me sembra pittosto che l'omicida la stesse torturando per costringerla a rimanere insieme a lui, e che la morte sia avvenuta in modo accidentale. Se così fosse, non ci sarebbe stata volontà di uccidere, ma grave infermità di mente. Di fronte ai miei occhi emerge proprio questa condizione di infermità mentale, certamente pericolosa, ma comunque infermità mentale.  

Pubblico infine un'intervista al padre dell'omicida


Maurizio Proietti iopropars







 

sabato 18 novembre 2023

Lode a Dio Padre (lirica)

Dipinto digitale
di Maurizio Proietti iopropars

 
Lode a Dio Padre

Che Dio
Sia amore significa
Che nel fare la sua
Volontà troviamo la vita.
E la sua 
Volontà in questo consiste
Che noi ci amiamo
Gli uni con gli altri
Come egli ci ama.
E non esiste
Amore più grande,
Questo ci insegna il nostro Signore,
Di colui che dà la sua vita
Per coloro che ama.
Nella fede conosco l'amore:
È volontà di dare la vita.

Maurizio Proietti iopropars

  Qualche parola sulla poesia

La poesia che ho presentato nel presente post - ma meglio mi viene da definirla come una "lirica" - segue dopo un certo periodo di silenzio dal post precedente. Voglio dire che guerre, massacri e quanti altri orrori, non è che mi abbiano spinto ad isolarmi dal contesto sociale che mi circonda, ma a cercare un più imparziale giudizio, nella relazione con Dio. Perché cos'altro dobbiamo ricercare da Dio, se non la giustizia, la verità, l'umiltà, l'amore fraterno, e ogni altra virtù che forma uno spirito sano? Capire questo, è la virtù che porta come nome "saggezza". La mia meditazione, il mio rivolgere il mio pensiero ad acquisire conoscienza di Dio, in questo modo il mio entrare più in relazione con lui, ha condotto alla considerazione espressa nel presente post, che è appunto una lirica, al tempo stesso intuizione e sentimento.

Maurizio Proietti iopropars

giovedì 19 ottobre 2023

Poesia sugli incontri mancati, e su quelli sbagliati


 



Che non esserci mai incontrati

È vero 
Che deludenti sono stati
Gran parte dei miei incontri,
Ma pure è certo
Che io non sarei nulla, senza
Le mie umane esperienze,
Eppure ancora
Vorrei incontrare la mia gente. 
 
Maurizio Proietti iopropars

Mi sono rimasti impressi nella mente, i versi di una canzone di Fabrizio De André, che dicono "È stato meglio lasciarci, che non esserci mai incontrati". Il titolo della mia poesia si rifà a questi versi.
Quien sabe? Who knows? Chi lo sa?
Che cosa?
Qualcosa rimane tra gli incontri mancati e quelli sbagliati.
Se qualcuno me lo chiede, se a qualcuno interessa, io sono un essere umano, sapete? Questa consapevolezza è quanto resta, da come mi sono proposto alla relazione.

Maurizio Proietti iopropars

lunedì 11 settembre 2023

La schwa nella lingua italiana






 La schwa nella lingua italiana

Da uomo di sinistra chiedo se bicchiere, tavolo, e piatti sono maschi, e femmine la bottiglia, le sedie, la tovaglia e le posate. È evidente che il volgare declina il neutro in un modo diverso dal latino.

Altrimenti pensiamo al fatto che il cucchiaio è di genere piuttosto fluido, in quanto è una posata. Lo stesso dicasi per il coltello, mentre la forchetta rimane ostinatamente femmina - forchetta e posata - finché non viene, molto genericamente, considerata un utensile.

Insomma mi chiedo quali trasformazioni di genere provochiamo quando facciamo leva con un cacciavite.

Per non parlare di un lenzuolo, che considerato insieme ad un altro lenzuolo con cui copriamo il letto, diventa parte di una coppia di lenzuola. Notare bene che non è "lenzuole" ma "lenzuola", con la stessa "a" del sostantivo singolare "sedia". E inoltre sono "le" lenzuola, ad indicare che quella "a" è proprio un femminile plurale. È ovvio che c'è un'etimologia di mezzo e che in questo modo è rimasta una traccia del singolare e plurale neutro della lingua latina.

Cercate di rendervi conto quanto sia assurdo intervenire in modo così massiccio in questo intreccio di eloquenza e di storia che è la lingua italiana.

Cercate di rendervi conto quanto sia assurdo reintrodurre il genere neutro nella lingua italiana, con una lettera come la schwa, così estranea alla sonorità di questa lingua, anche se è presente in alcuni dialetti italiani, che hanno però sonorità completamente differenti.

Io, anche se critico il libro del Gen. Roberto Vannacci "Il mondo al contrario", per gran parte dei suoi contenuti, penso che nella sua motivazione dichiarata, questo libro sia giustificato, anche solo se considero come questa operazione linguistica, viene portata avanti senza darsene pensiero, da molte persone che approfittano per questo, anche della loro autorità o ruolo sociale. 

Di fronte a queste persone, per uno sfigato qualunque come me, non c'è argomentazione che tenga. Allora ben venga il libro di Roberto Vannacci. 

Vi sono delle nicchie sociali, in cui il politicamente corretto esercita una dittatura così feroce, quanto è totale la chiusura all'ascolto, tale da far scivolare chiunque la pensi in maniera diversa, in un limbo di non esistenza. Ma coloro che le controllano, col politicamente corretto possono fregiarsi di essere persone inclusive.

Lo sono senz'altro, ma solo quando si tratta di propagandare sé stesse, e dunque ancora come dicono i versi di quella canzone di F. De André "Ammucchiati in discesa in difesa della propria celebrazione". 

Io penso che nel passato, situazioni del tipo di quelle che ho detto, per la reazione che sono in grado di provocare, abbiano avuto la loro parte alla formazione della manovalanza fascista.

Io mi spiego in questo modo, anche l'iniziale adesione al fascismo di intellettuali italiani di tutto rilievo, ovvero dalla presenza di situazioni di quel tipo.

Io penso che in sostanza, situazioni di quel tipo, istighino molto di più all'odio, del libro del Gen. Vannacci.

Se non si lavano i panni sporchi in casa, insultare Roberto Vannacci, ha effetto di rinsaldare quelle disgraziate manovalanze, che quelle situazioni contribuiscono a formare. Bisogna respingere il protagonismo che genera il politicamente corretto.

Maurizio Proietti iopropars

giovedì 7 settembre 2023

Al termine


 


              
Al termine 

Questi giorni

Di caldo e malinconico settembre,

Ultimo guizzo estivo

Che non è più estate,

Perché nel caldo e nel vento

Sento avanzare l'autunno,

Che mi mormora la malinconia

Perché si rivolge al termine 

Questa lunga mia vacanza, in cui

Un'affascinante atmosfera

Di piacevoli incontri e chiacchierate 

E di paesaggi insoliti,

Pure stranamente vicini

Alla mia abituale Roma,

Pigramente mi cullava 

Dopo avermi avvolto,

Questi giorni

Lentamente sono di chiusura.

Maurizio Proietti iopropars

Fotografia di Maurizio Proietti iopropars. Una spiaggia di Minturno il 6 settembre 2023

domenica 3 settembre 2023

Per natura tutti uguali

Dipinto digitale
di Maurizio Proietti iopropars

 
  Per natura tutti uguali        

È certo che noi come esseri umani, dobbiamo renderci conto che niente è per noi così importante, come le relazioni umane. Ma non è che il prepotente assetato di potere, o la persona avida che accentra su di sé il possesso degli averi, o il vanaglorioso in cerca di seguito, non facciano queste cose perché non sono legati alla relazione con gli altri. La loro è semplicemente una facile soluzione ai problemi del confronto, con gli altri. Si può chiamarla mancanza di amore.

È facile essere incapaci di amare perché  amare è difficile.

In accordo con Paolo Apostolo, è la paura di morire che genera la tendenza dell'essere umano verso il peccato. Secondo gli insegnamenti di Gesù il peccato è proprio mancanza di amore.

A me sembra evidente che i difetti del carattere, e i conseguenti comportamenti che rendono difficile per gli altri la vita sociale, nascono dalla mancanza di amore, ovvero dal desiderio di preservare sé stessi senza curarsi gli altri. Altro - per chiosare con un pizzico di arguzia S. Freud - che "Disagio della civiltà", la questione è nel disagio dell'inciviltà.

Se si accetta quanto detto, si capisce allora ciò che ci insegna Gesù, che il comandamento di amare il prossimo come sé stessi riassume la legge morale a cui è sottoposto l'essere umano. La Legge Mosaica aveva come scopo quello di garantire la fratellanza all'interno del Popolo di Israele.

L'essere umano è sottoposto alla legge morale perché il suo essere in relazione agli altri esseri umani, è parte essenziale della sua natura.

Il cristiano tuttavia capisce, su testimonianza dello Spirito Santo, che non è possibile rispettare completamente il comandamento di amare il prossimo come sé stessi, se non si rispetta quello di amare il Signore nostro Dio con tutte le nostre forze. E capisce anche che invece, rispettando il comandamento dell'amore verso Dio, rispetterà anche quello dell'amore verso il prossimo. Gesù dice appunto che il secondo comandamento, quello dell'amore verso il prossimo, discende direttamente dal primo, quello dell'amore verso Dio.

Dio è nostro Padre, e noi siamo tutti fratelli.

***

Alcune persone che conosco, sono convinte che solo il superamento delle classi sociali, in accordo con la teoria marxista, possa contrastare lo scivolamento nella barbarie, quella condizione di degrado umano, che il mondo contemporaneo sembra che stia subendo. Io ritengo che questa concezione derivi da un'inversione dei termini del problema. Ritengo che ci si debba opporre alla barbarie portando avanti e mettendo in pratica, i valori umani di collaborazione e solidarietà, e che solo da questo sarà possibile costruire una diversa organizzazione sociale, che si opporrà alla barbarie perché dall'opposizione alla barbarie è stata prodotta.

Nell'invertire i termini del problema, non vi è nulla di scientifico, come invece asseriva Karl Marx. È solo un riportare l'operare umano all'interno di un determinismo che è proprio dei fenomeni fisici. Sarebbe scientifico se lui avesse dimostrato che l'essere umano non è mai libero nelle sue scelte, nemmeno in parte, ma sempre rinchiuso nel determinismo. Lui invece, semplicemente lo assume come postulato, pretendendo dogmaticamente che i fenomeni sociali vadano studiati con categorie analoghe a quelle con cui si studiano i fenomeni fisici.

Per proporre una semplificazione di quanto ho detto, io penso che se una comunità sociale, rende troppo gravosa per molti dei suoi membri, la possibilità di garantirsi la sopravvivenza, certamente in questo modo eserciterà pressione verso lo sviluppo di comportamenti criminali quali furti e rapine. Questo non vuol dire che li determina univocamente, ma solo che la spinta della società è una delle variabili da considerare, per capire l'andamento di quei fenomeni in quel contesto sociale. Per cui io non sostengo che l'organizzazione sociale non influenzi le scelte etiche di coloro che vi partecipano. Ma io dico che ne è anche il prodotto.

*** 

Io non credo in ciò che ha affermato Karl Marx, che la religione sia l'oppio dei popoli. Penso che invece abbia frenato la spinta all'abbrutimento di coloro che vivevano in condizioni miserabili. Penso che in tal modo abbia favorito anche il loro percorso verso l'emancipazione. La vera liberazione non consiste nel voler diventare gli oppressori dei propri oppressori, ma nel volere una società libera dall'oppressione. Questa volontà può essere propria solo di chi non si sia lasciato trascinare verso il degrado. Io penso che sia per questo motivo, che la crudeltà con cui la libertà di religione è stata nei secoli combattuta, è stata disumana.

I vangeli ci dicono che a condannare a morte Gesù, sono stati i detentori del potere politico-religioso, perché avevano paura di perdere seguito.

Pertanto io sostengo che solo con l'impegno etico verso la civilizzazione della società, si può ottenere una diversa struttura sociale ed organizzazione della produzione, che meglio risponda alla concreta realizzazione dei diritti umani universalmente riconosciuti. Non si tratta di partire da modelli predefiniti come fa la teoria marxista. Occorre invece sperimentare, avendo come obbiettivo il miglioramento delle condizioni di vita sociale, dal punto di vista delle relazioni umane.

***

Io penso che il fascino che la teoria marxista, ha esercitato e ancora esercita in alcune persone, molte o poche a seconda dei momenti storici, risieda nel fatto che asserisce la necessità storica della realizzazione dell'organizzazione sociale che essa propone; un'organizzazione atta a produrre persone migliori. A mio giudizio invece, le conclusioni di Marx sulla necessità storica del comunismo, sono scientificamente erronee. Io affermo che non sono dimostrabili come necessarie, ma solo come verosimili. Dico che erano sviluppi che era ragionevole aspettarsi, a meno dell'intervento di altre circostanze. E affermo anche che le classi dominanti in questo nostro mondo globalizzato, sono riuscite ad allontanare la possibilità della loro realizzazione.

La necessità storica, io dico postulata più che dimostrata da Karl Marx, viene da lui individuata nella tendenza a un sempre maggiore accentramento della proprietà nelle mani di pochi individui, e del conseguente aumento numerico delle masse di sfruttati che avrebbero interesse a una trasformazione dell'organizzazione della produzione. In realtà, secondo la mia analisi storico-sociale, sono stati prodotti mutamenti sociali che hanno reso piuttosto difficile l'uscita dal neo-liberismo.

Un episodio che ha iniziato a farmi intravedere la ricomposizione di classe che è avvenuta in Italia dall'inizio degli anni '80, e anche da qualche anno prima, è stata la cosiddetta "Marcia dei Quarantamila", che ha avuto luogo a Torino il 14 ottobre del 1980. Fu una manifestazione dei quadri intermedi contro i picchetti operai che questi tenevano per sostenere uno sciopero contro la messa in cassa integrazione di un elevatissimo numero di operai. Io mi trovavo appunto a Torino in quei mesi.

Se da una parte, l'accusa di connivenze con il terrorismo colpiva anche persone che con il terrorismo non avevano nulla a che vedere, dall'altra in quel periodo aveva anche preso l'avvio quella ristrutturazione sociale che è stata in grado di rinforzare la struttura dell'organizzazione capitalistica. Stava nascendo il neoliberismo, che si sarebbe andato consolidando dopo la caduta del "Muro di Berlino".

***

Nell'articolo precedente di questo mio blog, ho definito l'anarchia come la speranza di un'umanità nuova. Questo è perché avverto che tra le tre virtù teologali, che comprendono anche la fede e l'amore fraterno, sia la speranza quella che genera il sentimento anarchico, come io lo vivo e lo intendo.

Karl Marx ha dato speranza a masse di diseredati, dichiarando che la necessità del passaggio a una migliore organizzazione sociale - basata su una diversa organizzazione della produzione - fosse nella struttura della stessa organizzazione capitalistica, che a causa delle sue contraddizioni, avrebbe dovuto evolversi nell'instaurazione della società comunista.

Io trovo invece che questa necessità non risieda nella società, ma stessa natura umana. Io dico che sebbene sia vero che la natura umana consente il male, è altrettanto vero che il bene preserva l'umanità della natura umana. È l'essere umano integro, che è destinato a trionfare su coloro che degradano sé stessi, rivolgendosi a praticare il male.

Io affermo che l'intelligenza umana è fondata sulla capacità che ha l'essere umano di essere in relazione ad altri esseri umani e comunicare con loro. Aggiungo che è questa circostanza a far sì che l'essere umano sia soggetto alla legge morale.

Io penso che l'essere umano sia in grado di trionfare sulla variante degradata della sua stessa specie; la variante degli individui che da sé stessi si degradano, allo scopo di conservare sé stessi. Credo che i giusti debbano alla fine trionfare sugli empi.

Maurizio Proietti iopropars


lunedì 28 agosto 2023

Il polverone Vannacci

                                           




Il polverone Vannacci


Insomma su questo libro del Gen. Roberto Vannacci, "Il mondo al contrario", che ha suscitato tanto scalpore, voglio innanzitutto dire che in Italia il razzismo è reato, e se si accusa l'autore di avere scritto un libro razzista, lo si accusa anche di aver commesso un reato. Io ho letto il capitolo del suo libro in cui parla dell'immigrazione, e posso dire che non condivido le sue idee, ma anche che, secondo me, almeno in quel capitolo, lui non esprime alcun concetto razzista. 

Mai l'autore, in questo capitolo, afferma la superiorità di una razza o di un'etnia su un'altra. Ci sono solo richiami a diritti umani presenti nel nostro paese e nella nostra cultura, e non in altri paesi con culture diverse. Ma non ne fa una questione di superiorità. Lo usa come argomento contro il relativismo culturale. Dice solo che non si può accettare tutto, in nome del rispetto verso la diversità. Si può argomentare che non è questo ciò che accade in Italia, e anche che accettare che in Italia si proceda come lui afferma, può essere preso a pretesto per ingiuste restrizioni. Ma questo non significa che sia un'affermazione razzista. Va sviluppata un'analisi sociologica su come stiano realmente le cose.

Si può anche supporre che l'affermazione sia tendenziosa e che sia dettata da sentimenti razzisti. E tuttavia nel corso di un pubblico dibattito, bisogna attenersi a ciò che effettivamente viene detto.

Ci posso essere anche forti contrasti sulle politiche sull'immigrazione, ma io ritengo che sia parecchio sbagliato accusare di razzismo, chiunque dichiari che nella sua opinione i flussi migratori andrebbero arginati, anche adducendo motivi che noi non riteniamo validi. Se non si ritengono validi vanno confutati dialetticamente, e non montando linciaggi morali.

La mia impressione è che tutti vogliono fare vedere quanto sono buoni loro, e per questo strapazzano il cattivo di turno, poco curandosi di cercare di capire cosa dice.

Io conosco persone "di sinistra" che si domandano come mai quel poco elettorato che ancora pensa che, ancora, valga la pena di votare, vota a destra. Io dico "per forza", perché Roberto Vannacci esprime un malessere che anche altri sentono, e a poco serve dire che se allora la pensi così sei cattivo, anche perché alcune delle sue argomentazioni sono sensate.

Il tal modo, gli eventuali cacciatori di streghe che leggono questo articolo, si staranno leccando i baffi pensando di aver trovato il fascista mascherato da mettere alla gogna. E so per esperienza, che non serve nemmeno, allo scopo di placare un santo inquisitore, dire che io sono sempre stato anarchico.

Io sono stato anarchico fin da bambino, quando mi spiegarono su mia interrogazione, chi fossero gli anarchici, allora accusati ingiustamente, in un primo tempo, di aver messo la bomba a Piazza Fontana. Essere anarchico mi era sembrata proprio una cosa giusta, e mi sono detto: "Anche io sono anarchico". E vai che poi per anni mi sono dovuto andare a leggere di qua, e andare a leggere di là, quando mi si diceva che neanche capivo l'anarchia che cosa fosse. L'anarchia è la speranza di un'umanità nuova.

I più duri di tutti nell'interrogarmi, quando già ero un ragazzetto, erano gli adulti del P.C.I. Loro più che argomentare cercavano di mortificare, cercando anche di approfittare, per supplire a una mentalità un po' rozza, del rispetto che io portavo loro come adulti. Ma dopotutto, per dimostrare quanto si è bravi, non sono ammesse remore morali, come diceva quel lecchino dei potenti, tal Niccolò Machiavelli, "il fine giustifica i mezzi". Il tipo fu un pessimo condottiero. I suoi soldati si diedero miseramente alla fuga.

Il democristiani invece erano più melliflui. Iniziavano sempre con l'adulazione. Non mancava mai una lode alle mie grandi capacità intellettuali, per introdurre i loro discorsi in cui cercavano di mostrarmi quanto la mia intelligenza mi portasse fuori strada. 

Poi le due Chiese si sono messe insieme, si sono unite, dopo aver represso indistintamente come terrorismo, quanto c'era alla sinistra del Partito Comunista. Mi vengono in mente le parole di una canzone di F. De Andrè, " i soci vitalizzi del potere, ammucchiati in discesa in difesa della propria celebrazione". 

Però devo ammettere che i violenti e i capi-popolo in cerca di gesta che conferissero loro gloria, abbondavano in eccesso anche tra coloro che a sinistra criticavano la sinistra. Così, di gente pronta ad arrostirmi sulla graticola per essere uscito anche di una sillaba dal modello prestampato di ciò che bisognava pensare, ne ho sempre incontrata troppa, e tanta da riempirmi di amarezza. 

L'idea che mi sono fatto è che la demagogia sia la malattia mortale della democrazia, ed è per questo che io sempre voglio innanzitutto capire una persona cosa dice. 

Così vengo al punto. Io in questo capitolo del libro in questione, vi ho letto che l'autore critica e cerca di demolire l'affermazione che una società multiculturale e multietnica sia una cosa bella e positiva in quanto fonte di arricchimento. Lui espone le proprie osservazioni dicendo che invece questi fattori sono fonte di conflitti sociali. Io non sono d'accordo con lui, al pari però di come non condivido la faciloneria con cui sovente viene esaltata la società multiculturale e multietnica. È vero a mio avviso che l'incontro col diverso è fonte di arricchimento, ma è anche vero che perché questo si realizzi, bisogna lavorarci, e lavorarci a volte anche duramente.

Io dico che ha ragione lui a dire che la compresenza di più culture, ma anche di diverse etnie, è più facilmente fonte di conflitti. Però - basandomi anche io sulla mia esperienza nello specifico di alcune ristrette situazioni - aggiungo che è possibile impegnarsi per stabilire le condizioni per cui non sia così. E innanzitutto, questo lavoro, come ritorno per l'impegno, produce crescita, e poi ci sono doveri etici a cui non ci si può sottrarre, che urgono di muoversi in questa direzione. Per cui sostegno anche io, come il Presidente Mattarella, che bisogna agire in tutti i modi per cercare di ottenere un'immigrazione regolamentata. Ma bisogna anche diffondere i presupposti culturali per l'incontro con la diversità.

Roberto Vannacci poi, in questo capitolo, ha anche voluto affermare che oltre ad un'identità culturale italiana di antiche origini, vi è anche un'identità etnica italiana, piuttosto stabile nei secoli. Per esprimere questo concetto, lui ha affermato che gli italiani, tradizionalmente sono sempre stati bianchi. E apriti cielo! Niente meglio di questo poteva scatenare il pandemonio. Il motivo per cui lo ha fatto però, secondo me, è conseguenziale alla sua affermazione che la coesistenza di più etnie, tende piuttosto a generare conflitto. Alcune delle risposte che ha ricevuto sono state, per come io la vedo, fuori luogo di gran lunga di più della sua affermazione.

Quella che più mi ha colpito è stata la risposta di Corrado Augias. Ha affermato che il concetto di bianco è un concetto relativo e che c'è differenza tra come è bianco un italiano, da come è bianco uno scandinavo. Ha citato anche un'assurda sentenza di un assurdo processo in Alabama nel 1922. Un afroamericano era stato accusato di aver avuto rapporti sessuali con una donna bianca e condannato in primo grado. In appello, secondo quanto riporta Corrado Augias, è stato invece assolto perché si è difeso dicendo che la donna in questione non poteva in alcun modo essere considerata bianca, perché era siciliana. Così  a me pare che per essere consequenziali, si dovrebbe supporre che se gli italiani potessero a tutti gli effetti essere considerati bianchi, Roberto Vannacci avrebbe ragione. O in altri termini, con un'argomentazione come questa, si dovrebbe concludere che il problema di un conflitto etnico con le popolazioni originarie dell'Africa non sussiste in Italia, perché anche gli italiani sono negri.

Insomma, io dico che differenze somatiche tra le popolazioni italiane e quelle dell'Africa ci sono e sono abbastanza evidenti. Il punto è di mettere in luce che non è affatto necessario che questa circostanza generi conflitti. Il punto è anche di rilevare come i conflitti etnici sono sostenuti da altri conflitti. Il fatto che gli antenati dei neri americani siano stati rapiti dal loro paese per essere costretti a lavorare come schiavi, segna pesantemente la loro storia negli Stati Uniti, e non poteva non generare conflitti sociali, come pure non poteva non segnare negativamente l'integrazione tra culture diverse in quel paese. Se tuttavia le risposte sono che multietnico è bello, e che gli italiani non sono poi così tanto bianchi, stiamo veramente con le crepe alle pareti, come a volte si diceva quando ero giovane io, per sottolineare la scarsa solidità di un'argomentazione. Sembrano argomentazioni un po' terremotate.

Io dico questo. Se vogliamo la cultura dell'incontro, cerchiamo innanzitutto di essere dialettici.

Maurizio Proietti iopropars

Foto di Maurizio Proietti iopropars. Monti Aurunci visti da Minurno.

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