Il polverone Vannacci
Insomma su questo libro del Gen. Roberto Vannacci, "Il mondo al contrario", che ha suscitato tanto scalpore, voglio innanzitutto dire che in Italia il razzismo è reato, e se si accusa l'autore di avere scritto un libro razzista, lo si accusa anche di aver commesso un reato. Io ho letto il capitolo del suo libro in cui parla dell'immigrazione, e posso dire che non condivido le sue idee, ma anche che, secondo me, almeno in quel capitolo, lui non esprime alcun concetto razzista.
Mai l'autore, in questo capitolo, afferma la superiorità di una razza o di un'etnia su un'altra. Ci sono solo richiami a diritti umani presenti nel nostro paese e nella nostra cultura, e non in altri paesi con culture diverse. Ma non ne fa una questione di superiorità. Lo usa come argomento contro il relativismo culturale. Dice solo che non si può accettare tutto, in nome del rispetto verso la diversità. Si può argomentare che non è questo ciò che accade in Italia, e anche che accettare che in Italia si proceda come lui afferma, può essere preso a pretesto per ingiuste restrizioni. Ma questo non significa che sia un'affermazione razzista. Va sviluppata un'analisi sociologica su come stiano realmente le cose.
Si può anche supporre che l'affermazione sia tendenziosa e che sia dettata da sentimenti razzisti. E tuttavia nel corso di un pubblico dibattito, bisogna attenersi a ciò che effettivamente viene detto.
Ci posso essere anche forti contrasti sulle politiche sull'immigrazione, ma io ritengo che sia parecchio sbagliato accusare di razzismo, chiunque dichiari che nella sua opinione i flussi migratori andrebbero arginati, anche adducendo motivi che noi non riteniamo validi. Se non si ritengono validi vanno confutati dialetticamente, e non montando linciaggi morali.
La mia impressione è che tutti vogliono fare vedere quanto sono buoni loro, e per questo strapazzano il cattivo di turno, poco curandosi di cercare di capire cosa dice.
Io conosco persone "di sinistra" che si domandano come mai quel poco elettorato che ancora pensa che, ancora, valga la pena di votare, vota a destra. Io dico "per forza", perché Roberto Vannacci esprime un malessere che anche altri sentono, e a poco serve dire che se allora la pensi così sei cattivo, anche perché alcune delle sue argomentazioni sono sensate.
Il tal modo, gli eventuali cacciatori di streghe che leggono questo articolo, si staranno leccando i baffi pensando di aver trovato il fascista mascherato da mettere alla gogna. E so per esperienza, che non serve nemmeno, allo scopo di placare un santo inquisitore, dire che io sono sempre stato anarchico.
Io sono stato anarchico fin da bambino, quando mi spiegarono su mia interrogazione, chi fossero gli anarchici, allora accusati ingiustamente, in un primo tempo, di aver messo la bomba a Piazza Fontana. Essere anarchico mi era sembrata proprio una cosa giusta, e mi sono detto: "Anche io sono anarchico". E vai che poi per anni mi sono dovuto andare a leggere di qua, e andare a leggere di là, quando mi si diceva che neanche capivo l'anarchia che cosa fosse. L'anarchia è la speranza di un'umanità nuova.
I più duri di tutti nell'interrogarmi, quando già ero un ragazzetto, erano gli adulti del P.C.I. Loro più che argomentare cercavano di mortificare, cercando anche di approfittare, per supplire a una mentalità un po' rozza, del rispetto che io portavo loro come adulti. Ma dopotutto, per dimostrare quanto si è bravi, non sono ammesse remore morali, come diceva quel lecchino dei potenti, tal Niccolò Machiavelli, "il fine giustifica i mezzi". Il tipo fu un pessimo condottiero. I suoi soldati si diedero miseramente alla fuga.
Il democristiani invece erano più melliflui. Iniziavano sempre con l'adulazione. Non mancava mai una lode alle mie grandi capacità intellettuali, per introdurre i loro discorsi in cui cercavano di mostrarmi quanto la mia intelligenza mi portasse fuori strada.
Poi le due Chiese si sono messe insieme, si sono unite, dopo aver represso indistintamente come terrorismo, quanto c'era alla sinistra del Partito Comunista. Mi vengono in mente le parole di una canzone di F. De Andrè, " i soci vitalizzi del potere, ammucchiati in discesa in difesa della propria celebrazione".
Però devo ammettere che i violenti e i capi-popolo in cerca di gesta che conferissero loro gloria, abbondavano in eccesso anche tra coloro che a sinistra criticavano la sinistra. Così, di gente pronta ad arrostirmi sulla graticola per essere uscito anche di una sillaba dal modello prestampato di ciò che bisognava pensare, ne ho sempre incontrata troppa, e tanta da riempirmi di amarezza.
L'idea che mi sono fatto è che la demagogia sia la malattia mortale della democrazia, ed è per questo che io sempre voglio innanzitutto capire una persona cosa dice.
Così vengo al punto. Io in questo capitolo del libro in questione, vi ho letto che l'autore critica e cerca di demolire l'affermazione che una società multiculturale e multietnica sia una cosa bella e positiva in quanto fonte di arricchimento. Lui espone le proprie osservazioni dicendo che invece questi fattori sono fonte di conflitti sociali. Io non sono d'accordo con lui, al pari però di come non condivido la faciloneria con cui sovente viene esaltata la società multiculturale e multietnica. È vero a mio avviso che l'incontro col diverso è fonte di arricchimento, ma è anche vero che perché questo si realizzi, bisogna lavorarci, e lavorarci a volte anche duramente.
Io dico che ha ragione lui a dire che la compresenza di più culture, ma anche di diverse etnie, è più facilmente fonte di conflitti. Però - basandomi anche io sulla mia esperienza nello specifico di alcune ristrette situazioni - aggiungo che è possibile impegnarsi per stabilire le condizioni per cui non sia così. E innanzitutto, questo lavoro, come ritorno per l'impegno, produce crescita, e poi ci sono doveri etici a cui non ci si può sottrarre, che urgono di muoversi in questa direzione. Per cui sostegno anche io, come il Presidente Mattarella, che bisogna agire in tutti i modi per cercare di ottenere un'immigrazione regolamentata. Ma bisogna anche diffondere i presupposti culturali per l'incontro con la diversità.
Roberto Vannacci poi, in questo capitolo, ha anche voluto affermare che oltre ad un'identità culturale italiana di antiche origini, vi è anche un'identità etnica italiana, piuttosto stabile nei secoli. Per esprimere questo concetto, lui ha affermato che gli italiani, tradizionalmente sono sempre stati bianchi. E apriti cielo! Niente meglio di questo poteva scatenare il pandemonio. Il motivo per cui lo ha fatto però, secondo me, è conseguenziale alla sua affermazione che la coesistenza di più etnie, tende piuttosto a generare conflitto. Alcune delle risposte che ha ricevuto sono state, per come io la vedo, fuori luogo di gran lunga di più della sua affermazione.
Quella che più mi ha colpito è stata la risposta di Corrado Augias. Ha affermato che il concetto di bianco è un concetto relativo e che c'è differenza tra come è bianco un italiano, da come è bianco uno scandinavo. Ha citato anche un'assurda sentenza di un assurdo processo in Alabama nel 1922. Un afroamericano era stato accusato di aver avuto rapporti sessuali con una donna bianca e condannato in primo grado. In appello, secondo quanto riporta Corrado Augias, è stato invece assolto perché si è difeso dicendo che la donna in questione non poteva in alcun modo essere considerata bianca, perché era siciliana. Così a me pare che per essere consequenziali, si dovrebbe supporre che se gli italiani potessero a tutti gli effetti essere considerati bianchi, Roberto Vannacci avrebbe ragione. O in altri termini, con un'argomentazione come questa, si dovrebbe concludere che il problema di un conflitto etnico con le popolazioni originarie dell'Africa non sussiste in Italia, perché anche gli italiani sono negri.
Insomma, io dico che differenze somatiche tra le popolazioni italiane e quelle dell'Africa ci sono e sono abbastanza evidenti. Il punto è di mettere in luce che non è affatto necessario che questa circostanza generi conflitti. Il punto è anche di rilevare come i conflitti etnici sono sostenuti da altri conflitti. Il fatto che gli antenati dei neri americani siano stati rapiti dal loro paese per essere costretti a lavorare come schiavi, segna pesantemente la loro storia negli Stati Uniti, e non poteva non generare conflitti sociali, come pure non poteva non segnare negativamente l'integrazione tra culture diverse in quel paese. Se tuttavia le risposte sono che multietnico è bello, e che gli italiani non sono poi così tanto bianchi, stiamo veramente con le crepe alle pareti, come a volte si diceva quando ero giovane io, per sottolineare la scarsa solidità di un'argomentazione. Sembrano argomentazioni un po' terremotate.
Io dico questo. Se vogliamo la cultura dell'incontro, cerchiamo innanzitutto di essere dialettici.
Maurizio Proietti iopropars
Foto di Maurizio Proietti iopropars. Monti Aurunci visti da Minurno.
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