venerdì 23 febbraio 2024

Liberare Assange in difesa della democrazia





 


Liberare Assange
in difesa della democrazia

Se dico che allo scopo di difendere la democrazia, Julian Assange non deve essere processato, non mi associo soltanto agli appelli generici alla libertà di informazione giornalistica, che da più parti sono stati lanciati. Dico che a dover essere difesa, è la libertà di decidere che i cittadini negli stati democratici devono avere. Perché se i cittadini non sono correttamente informati, il loro consenso alle decisioni politiche è manipolato, e dunque non più libero. È sulla base di questo presupposto che traccio una linea difensiva. Dico che il segreto militare non può coprire gli abusi.

Dal mio passato di militanza politica nella cosiddetta sinistra extraparlamentare negli anni '70 ed '80, mi viene il pensiero che a molti la mia posizione può apparire piuttosto tiepida, il fatto di soffermarmi semplicemente alle limitazioni al segreto militare. Io rispondo, come ero solito rispondere a questa obiezione nel passato, che la mia non è una posizione tiepida, ma una posizione politica. 

Questo ho sempre affermato e continuo ad affermare, che in politica si deve usare la regola con cui in matematica si calcola il massimo comune divisore tra due o più numeri, ovvero il numero più grande capace di dividere tutti i numeri considerati. Si prendono i soli fattori comuni, una sola volta, con il minimo esponente. Tra 6 e 12 per arrivare al numero massimo che li divide entrambi, bisogna prendere 2 e non 4, perché 4 dividerebbe solo 12. Il massimo divisore comune è 6. Il problema invece, motivato da impulsi demagogici, è che dappertutto e soprattutto in Italia, si cerca di costruire il consenso su basi emotive. Così poco importa se le motivazioni non sono condivise, perché si cerca di colpevolizzare la parte avversa, o di metterla in ridicolo ecc.

Eccoci allora, che da bravi imbonitori di folle, c'è chi cerca di esaltare la figura di Julian Assange da una parte, chi dall'altra di denigrarla, e anche chi, con tecnica ormai consolidata, in Italia più che mai, proprio non ne parla, che è una tecnica pure questa legata al consenso costruito su base emotiva: non gli si dà importanza. Qualcuno grida "Se si continua in questo modo tra qualche giorno non potremo più respirare", e nessuno risponde nulla. Non importa che sia vero o falso, perché il fatto stesso di ignorarlo lo mostra come irrilevante. Si dice però che qui da noi la stampa è indipendente. Sarà pure così. "Così è se vi pare". 

Però a me sembra che un po' tutti siano troppo faziosi. Ad esempio "Il Post", che dovrebbe essere un quotidiano indipendente, ha pubblicato un articolo intitolato "Non abbiamo ancora capito Julian Assange" https://www.ilpost.it/2024/02/21/julian-assange-storia-wikileaks/

A me non importa di capire Assange e se ha pestato o meno i piedi ad Hillary Clinton. A me non interessa collocare politicamente Assange. A me interessa difendere la democrazia, e per questo motivo lo difendo. Per questo motivo è a tutti i democratici che mi rivolgo, con argomentazioni che a tutti i democratici possono interessare.

 È proprio perché penso che sia giusto difendere la libertà di Assange, che cerco di portare in sua difesa, argomentazioni che siano il più possibile condivise. Per questo motivo assumo come linea difensiva che il segreto militare non può coprire gli abusi. Può esservi infatti chi pensa che anche difendere il segreto militare sia importante per difendere la libertà di una nazione, e dunque quella dei suoi cittadini. È a costoro che io rispondo che vanno posti limiti anche al segreto militare perché non diventi uno strumento antidemocratico.

Io mi rifiuto di unirmi a coloro che sostengono che chi pensa che sia necessario difendere anche il segreto militare, se si presenta come democratico, non può in buona fede assumere questa posizione. A me non interessa giudicare queste persone. A me non interessano le loro intenzioni, perché la mia è una posizione politica. Pertanto ciò che mi interessa è capire se tale posizione è politicamente legittima, e pertanto muovo le mie obiezioni a questa posizione politica. Non affermo che in generale vada sempre respinta. Dico che nel caso di Julian Assange viene a cadere di fronte ad interessi comuni di ordine superiore.

Le ragioni addotte per processare Julian Assange devono cadere per interessi collettivi, interessi nazionali e internazionali, di ordine superiore.

Maurizio Proietti iopropars




domenica 11 febbraio 2024

Meritocrazia ed etica sociale


"Vuoto d'amore"
dipinto digitale di
Maurizio Proietti iopropars



Con l'articolo che segue torno sul concetto di meritocrazia, di cui ho già parlato nel post precedente, allo scopo di chiarire il mio approccio a un argomento che mi sembra davvero importante. Questo approccio si differenzia da altri, perché prende in esame non solo quanto sia un giusto criterio, quello della meritocrazia, nell'organizzazione del lavoro e in generale dell'organizzazione sociale, ma prende in esame anche il modo in cui orienta i valori, e dunque il carattere e le relazioni, degli individui che vivono nella società.




Meritocrazia ed etica sociale


L’analisi marxista ha messo in evidenza come l’ideologia sociale sia il risultato dei rapporti di produzione, che secondo il modello marxista costituiscono la struttura fondamentale di ogni qualsiasi società, di cui va a determinare gli altri aspetti della vita che vi si conduce, e dunque della stessa ideologia sociale, che viene ad essere il risultato dei rapporti economici.


A me è sembrato di poter osservare, che dopo il crollo dello Stato Sovietico, sia stata predicata un’ideologia neoliberista tesa a una ristrutturazione dei rapporti di produzione, e che pertanto la formazione dell'ideologia sociale, fermo restando il rapporto funzionale tra le due componenti, ha preceduto la ristrutturazione produttiva.

In realtà, una spinta nel senso che ho detto, già c’era in precedenza in Italia e nelle altre società occidentali, ma il crollo dello Stato Sovietico è stato portato a prova che la mancanza di competitività all’interno del mercato e delle relazioni lavorative, dovesse portare a una drastica riduzione della produttività.


Tra le linee ideologiche che sono state esposte per teorizzare gli aspetti motivazionali su cui organizzare la produzione, a me sembra di poterne individuare una più drastica, che si fonda su una semplicistica concezione della natura umana e sostiene che se non vi è competizione non vi sono stimoli alla vita produttiva, ed un'altra più orientata a stabilire una concezione di giustizia sociale, e che sostiene che quando l’impegno da parte di alcuni a produrre migliori risultati non viene premiato dalla società, una perdita di motivazione al miglioramento viene generata in questi che si impegnano, ovvero nei “meritevoli”.


Nel mio post precedente ho ammesso che in certe situazioni di lavoro che si potrebbero descrivere come modalità comunitarie, anche io ho fatto l'esperienza di trovarmi che fare con persone che si servivano degli altri, che ne sfruttavano il lavoro trascurando di fare la propria parte. Ho detto anche, tuttavia, che la competizione non è il solo aspetto motivazionale per gli esseri umani, e che anzi, gli ingegni migliori sono motivati da altri interessi nel produrre la loro opera, che non siano quello di dimostrare di essere migliori di altri. Poi ho aggiunto che le differenze di reddito, anche all’interno della società italiana, sono così elevate, da fare dubitare che i redditi più alti siano giustificati dal maggiore impegno di coloro che ne beneficiano, o anche solo da un loro maggiore contributo a formare la ricchezza nazionale.


Voglio però sottolineare, che il punto fondamentale della mia critica all’ideologia meritocratica, non riguarda quanto questa sia atta a produrre effettiva giustizia nei rapporti di produzione, quanto il tipo di etica sociale che viene favorita da una produzione organizzata secondo i criteri di tale ideologia. Osservo che produce una spinta a sviluppare le relazioni interpersonali, secondo modalità che sacrificano il pieno sviluppo della persona umana, e indeboliscono anche, invece di rafforzarla, l’efficienza organizzativa, perché gli individui sono meno capaci di cooperare.


Io penso che le scelte etiche degli individui siano in una certa misura indipendenti dalle pressioni sociali, ma che siano anche influenzate da queste. Dico pertanto che ad essere penalizzate nella società italiana, che sempre di più si va strutturando in senso mercantilistico in ogni suo settore, sono proprio le persone più motivate a mettere sullo stesso piano il proprio benessere individuale e quello collettivo. Sono penalizzati coloro che trovano in questa scelta etica la loro motivazione, e solo per questo motivo riescono a resistere a una spinta sociale verso un individualismo cieco ed eccessivo.


Maurizio Proietti iopropars



Riporto di seguito la poesia dal dipinto:


Vuoto d'amore


Stare in compagnia per nascondere

Il disagio di essere soli,

Sento che questo fanno

Coloro che mi circondano,

Soli perché rifiutano d'amare

Ma vogliono nasconderlo.


Maurizio Proietti iopropars


 

Favorevole a legalizzare l'ora

Vignetta di Maurizio Proietti iopropars Favorevole a legalizzare l'ora Pensavo ai miei amici di quando ero giovane, quando mi è venuta i...