Censura e perbenismo pacifista nei sistemi pseudo democratici liberisti.
(l’opinione di un anarchico)
27 febbraio - 5 marzo 2022
Vado direttamente a spiegare a quale censura si riferisce il titolo del presente articolo, e da parte di chi; offrendo anche al lettore alcuni links.
Si riferisce al discorso di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, in cui annuncia l'intenzione di censurare i media russi Russia Today e Sputnik.
https://www.youtube.com/watch?v=Ohm0raitPoo
Il lettore può ovviamente raggiungere il video su youtube, cliccando con il mouse sul link in azzurro. Raggiunto il video, è possibile attivare i sottotitoli in lingua inglese, cliccando sul logo recante la sigla “cc”, posto nella parte destra in basso dello stesso.
In questo frammento di discorso di poco meno di trenta secondi, questa balda rappresentante dell'oligarchia dominante che nasconde dietro al diritto di voto il proprio potere indebitamente esercitato, afferma che con la loro messa al bando, questi media e le loro sussidiarie non potranno più spargere le loro menzogne, seminando divisione in Europa.
Il video risulta pubblicato il 27 febbraio 2022. Di seguito riporto il link al sito del Consiglio dell’UE<Comunicato stampa<2 marzo 2022<12:40 in cui si annuncia lo stesso provvedimento.
Non so fino a che punto, quanti di coloro che mi leggono siano ancora abbastanza capaci di produrre pensiero critico, così da afferrare la gravità delle implicazioni di un’affermazione come questa. I cittadini europei sono sì liberi di votare, ma non vengono ritenuti in grado, dai propri governanti, di distinguere da sé stessi il vero dal falso, e di formarsi in tal modo le proprie opinioni, sulla base delle quali decidere se sostenere o meno un dato governo.
Io semplicemente affermo, senza timore di sbagliare, che coloro che governano non possono decidere a quali informazioni debbano accedere i propri elettori al fine di formarsi le proprie opinioni, per quanto debbano poter esercitare sempre il diritto di replica.
A me sembra che con queste affermazioni del presidente della Commissione Europea, l'oligarchia dominante abbia perso ogni ritegno, perché il successo delle modalità di manipolazione delle masse, da loro messe in atto, è stato tale da permettere loro di allentare l'accuratezza nel tenerle coperte. Ora l'assenza di reazioni politiche al discorso di questa statista, dimostra che tutto sommato la sicurezza di sé con la quale ha parlato è giustificata. Le uniche reazioni sono quelle di alcune testate giornalistiche.
Mi sembra poi che si vada anche oltre, perché ciò che dichiara di ricercare il personaggio politico in questione, è l’unanimità del consenso, attraverso cui, aggiungo, i governanti possono giustificare, e dunque garantirsi, i più ampi margini di manovra.
Uno dei pochi quotidiani da me trovati in rete a commentare la gravità di questo avvenimento è L’Indipendente:
L’autore del (tutto sommato breve, vorrei sottolineare) articolo di cui al link, conclude dicendo che “ In democrazia le informazioni false vengono smentite con l’argomentazione e con i dati, non con la censura”. Tale affermazione mi trova completamente d’accordo.
A questo punto vorrei però dimostrare a coloro che mi leggono, come sia del tutto paranoica la mia opinione che vi sono in Europa delle oligarchie dominanti che esercitano indebitamente il proprio potere nonostante la presenza di libere elezioni (sono ovviamente un pochino poco poco sarcastico).
Andando ad alcuni links da me conservati, si può dare un’occhiata a certi dati Oxfam del 2020 sulla distribuzione delle ricchezze. Al link che segue si dice tra l’altro che in Italia, l’1% più ricco deteneva in quell’anno quanto il 70% dell’intera popolazione.
Quest’altro link che segue invece va direttamente al sito dell’Oxfam per un articolo del 17 gennaio 2022
https://www.oxfamitalia.org/la-pandemia-della-disuguaglianza/
A me non sembra verosimile pensare che queste abnormi disparità nella distribuzione della ricchezza garantiscano alla parte più ricca, esclusivamente un accesso a una quantità di beni e servizi, in questa proporzione maggiore. Sono portato a pensare che tali differenze di distribuzione della ricchezza garantiscano alla parte più ricca la possibilità di configurare l'organizzazione sociale. Con essa le modalità di relazione, e le scelte obbligate all’interno delle quali modellare la propria vita, il proprio destino, il proprio modo d'essere e di pensare. Entro certi limiti? Entro certi limiti, sia pure. Ma è comunque troppo, quali che siano.
Io politicamente sono figlio del movimento del ‘77. Questo movimento è ormai sbrigativamente bollato come “anni di piombo”, da coloro che sono risultati vincitori su quel movimento, riuscendo a spazzarlo via anche attraverso dure leggi repressive e azioni altrettanto repressive, oltre che per le debolezze, che io negli anni sono andato analizzando, all’interno dello stesso movimento.
Come figlio di quel movimento affermo che il disagio esistenziale viene dal disagio sociale, che va dunque superato tramite un’azione politica collettiva di riorganizzazione sociale.
Noi viviamo, secondo la mia analisi sociopolitica, essenzialmente in una società di alienati, che sono tali perché privati del proprio diritto all’autodeterminazione come individui, e dunque della propria dignità di persone umane. Non si tratta di garantire a tutti un minimo di reddito che garantisca un sufficiente accesso ai beni e servizi prodotti della società, quanto piuttosto di restituire agli individui la possibilità di determinare il corso della propria esistenza, partecipando alla conformazione dell’organizzazione sociale, ed accedere in tal modo alla dignità di persone umane.
La garanzia di condizioni minime di sopravvivenza per tutti, è una delle linee di riorganizzazione che la borghesia ha portato avanti fin dalla fine dell’ottocento, allo scopo di frenare lo scontro di classe pur mantenendo il proprio potere sulla vita degli altri esseri umani. Io, come anarchico, non ho mai accettato il presupposto di Karl Marx per cui alla base dell'oppressione di classe vi fosse esclusivamente lo sfruttamento del lavoro attraverso la proprietà dei mezzi di produzione. È stato a mio avviso dimostrato dagli avvenimenti storici che anche una nomenclatura di partito deputata a gestire la proprietà pubblica dei mezzi di produzione, può essere ugualmente oppressiva nell’esercitare il proprio potere su altri individui. È questo il motivo per cui parlo, come parlavo in passato, di diritto all’autodeterminazione dell’individuo.
Io leggo le altissime percentuali di astensione dal voto, come percezione da parte di molti che l’esercizio del diritto di voto non va ad incidere sulla propria vita. E io penso che se vi è questa percezione è una percezione giustificata. L’esercizio del diritto di voto, da solo, non è condizione sufficiente a garantire l’autodeterminazione degli individui nella società, attraverso la partecipazione al potere decisionale.
Per come io la vedo, il problema non risiede nemmeno nella mobilità di classe. Non è che nei sistemi sociali neoliberisti, che vengono spacciati per sistemi democratici, non vi sia la possibilità di una certa mobilità degli individui tra le classi sociali. Il problema risiede nei meccanismi relazionali che è necessario mettere in atto per avere “successo” all’interno di queste società, e che caratterizzano l’ideologia dominante. Qui la discriminazione peggiore è quella che viene operata su base etica (proprio “etica”, non “etnica”). Non ha senso escludere dal parlamento coloro che sono stati condannati per qualche reato, quando, dico per dire, chi ha un minimo di sensibilità e di buone maniere ha difficoltà persino a salire sulla metro. Le peggiori emarginazioni in questa società, non sono quelle su base razziale, o dell’identità di genere, ma sono implicite nell’organizzazione sociale e riguardano la persone più civili. A me sembra talvolta di essere circondato da ossessi. Uno potrebbe dire “vabbe’ che c’entra con la democrazia?”. C’entra che la democrazia non può essere imposta da un regolamento laddove non c’è un senso di collettività. I regolamenti possono servire ad arginare le trasgressioni e a guidare il confronto, ma dove la maggior parte degli individui non opera in spirito di collaborazione, non vi può essere alcun regolamento che sia in grado di garantire il confronto.
Per come io la vedo, la più grande menzogna del neoliberismo è quella che l’efficienza dell’organizzazione sociale derivi dalla competizione. La civiltà si basa invece sulla solidarietà e sul mutuo rispetto, altrimenti non sarebbe possibile il formarsi di conglomerati di individui distinti, rivolti a migliorare le condizioni di vita dei singoli attraverso la partecipazione a un’organizzazione collettiva.
Io non credo nemmeno che questa sia un’idea nuova, poiché i principi della Rivoluzione Francese erano riassunti nel motto “Libertà, Uguaglianza, e Fraternità”. Ora la fraternità non è un principio giuridico ma un valore etico. In tal modo c’è da ritenere che anche la libertà e l’uguaglianza, prima di essere giuridicamente sancite, debbano essere accolte come valori etici.
Sono gli individui carenti nell’organizzazione della propria personalità, quelli che hanno bisogno di esercitare potere sugli altri. Le nostre società sono organizzate proprio in modo che questi individui possano prevalere sui soggetti sociali più evoluti, appunto perché basate sulla competizione anziché sulla valorizzazione delle risorse umane. Questo tuttavia avviene perché la stragrande maggioranza della popolazione condivide gli stessi disvalori etici di esercizio di potere sugli altri individui, che sono propri delle oligarchie dominanti. Il problema più grande è che a condividere gli stessi disvalori sono anche coloro che alle organizzazioni sociali oppressive pretendono di opporsi. È questo la circostanza in cui risiede la principale difficoltà a produrre il cambiamento.
Io vorrei che chi ha letto il mio articolo si soffermasse a pensare che l’idea che chi governa possa selezionare l’informazione di chi ha il diritto di eleggerlo o meno, sembra evidentemente albergare nella mente di tutti i politici tra i quali è possibile esercitare il diritto di voto. È una questione di mentalità evidentemente condivisa anche dalla stragrande maggioranza degli elettori.
Mi pare il caso di dire una cosa che ripeteva spesso un barbone a Milano negli anni ‘80, che scriveva col gesso sui marciapiedi e si firmava C.T., “Popolo bue”.
Io dico che questa guerra è la punta di un iceberg, al di sotto del quale ci sono società violente, in Europa come in Russia. Così se dico “Né con la Russia, né con l’Occidente” forse questo slogan ricorderà ai più anziani un altro slogan, “Né con lo Stato, né con le BR”. Questi slogan possono entrambi essere accusati di connivenza col colpevole. Eppure c'è una sola persona a cui io riconosco il diritto di dire “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde”, gli altri sono prepotenti. (Intendo dire che riconosco questo diritto solo a Dio. Gli altri si sono fatti dio per gli altri esseri umani).
Maurizio Proietti iopropars
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