Che bello,
come sono contento,
Oggi è
l’otto marzo,
E bisogna festeggiare.
Perché quando ci sono le feste
Questo bisogna fare.
San Valentino è la festa dei cioccolatini,
Mentre Pasqua quella delle colombe.
Natale è quella del panettone.
Poi c’è la festa della mamma,
Quella del papà
E quella della zia.
L’otto marzo è la festa delle mimose,
E stiamo attenti a non dimenticare nessuno.
Non bisogna lasciarsi sfuggire le occasioni
Per aumentare la produzione,
E per sentirsi buoni con le persone.
Però bisogna ricordare
Che quando l’ingranaggio della produzione
Schiaccia qualcuno
Non si può dare la colpa a nessuno.
Chi viene schiacciato, sapete?
È senz’altro un disadattato,
Uno che pretende di avere
Cose diverse da quelle,
Compra vendi e produci,
Che che generosamente offre il sistema.
E mai la brutta sorte dei disadattati
Potrà essere attribuita
Alla cieca indifferenza verso coloro
Che cercano un senso che non può essere trovato
Sui banchi del mercato.
Corre la vita in fretta
E mai ci si può attardare a pensare,
Tutti si deve correre
E correre da forsennati.
Così chi si ferma è perduto,
Come diceva una volta
Uno di cui non ci si sarebbe dovuti fidare.
E anche se adesso quel motto
Non lo usa più nessuno
A causa del fatto che quel tipo
Ha fatto una brutta fine,
È proprio quel motto
Il motto che silenziosamente governa
La pratica quotidiana.
Guai a chi si ferma a pensare,
E a riflettere sulla propria identità,
Cercando soppesare la propria condizione,
E di capire cosa stia facendo.
Certamente non si può ammettere qualcuno
Che si domandi se ciò che andiamo costruendo
Risponda ai nostri bisogni,
Perché agli avidi interessi di una minoranza di persone
Senza alcun dubbio risponde,
E dunque va portato avanti con solerzia e determinazione.
È così che solo si capisce
Che bisogna aumentare la produzione,
Perché è con un aumento generale
Della ricchezza che si risolvono i problemi sociali.
Questi che ho elencato sono i motivi
Per cui io oggi sono così contento
Di festeggiare la donna,
L’essere donna in generale,
E nel particolare tutte le donne.
Ma proprio perché anche la donna
È sempre più competitiva sul mercato.
E fatta eccezione di alcune povere disgraziate,
La donna può aspirare
A ruoli di sempre maggiore potere,
E se la condivisione del potere non è del tutto consolidata
Un’evoluzione c’è senz’altro stata
Da quando si pensava
Che la partecipazione alla responsabilità delle donne
Avrebbe prodotto una società più umana.
Passi in avanti ci sono stati
Da quando le donne lottavano fianco a fianco di uomini
Che in una società più umana credevano e speravano.
Per questo sono tanto contento
Negli anni più recenti di festeggiare
La festa delle mimose, perché le donne
Anche nelle società maschiliste più retrive
Nella loro femminilità sono sempre state vezzeggiate,
Salvo poi ad essere fatte vivere segregate,
O trattate come animali da soma.
E tuttavia in qualcosa di ben diverso da questo
Al giorno d’oggi mi pare che si stiano trasformando,
Le donne della società postindustriale.
Qualcosa che è tale che reputo debba essere un bene
Per me se con uno come me non vi sono,
Come non vi sono mai state,
Molte probabilità che certe donne
Incrocino le loro strade.
Io che in fin dei conti mi rallegro
Di essere tra gli esclusi e gli emarginati
Perché questo potrebbe voler dire
Che ancora appartengo alla specie umana.
Io che ancora ricordo
Quando le mie compagne di scuola,
Che erano anche coloro
Con cui condividevo la speranza e la lotta,
Rifiutavano gli auguri per l’otto marzo,
Poiché sostenevano
Che era una ricorrenza di lotta
Perché si ricordava
La morte in un incidente sul lavoro
Di molte donne avvenuta l’otto marzo
Del 1908.
E loro dicevano che per tanto
Gli auguri non erano la cosa più indicata,
E a me il loro discorso appariva piuttosto sensato.
Così che in questa splendida società attuale,
Mi sembra fantastico festeggiare,
E giusto essere allegri,
Ora che l’otto marzo
È stato assorbito dalla società della produzione frenetica
E insensata. Oggi
Che sembra sempre più difficile impedire
Ai prepotenti e agli ipocriti di fare da padroni,
Ma anche alle donne con loro naturalmente,
In cui le donne non sono da meno.
Sulla strada della parità di genere,
Allora alziamo i calici e brindiamo,
Tranquilli e senza timore
Di essere caustici nella nostra ironia.
È così bello sentirsi buoni!
E viviamo in una società che allo scopo
Fa sua ogni occasione.
Ma credo sia questo il motivo per cui
Io non sarò mai come non sono mai stato,
Per quanto a volte perfino sia stato lodato,
Un individuo popolare.
Ed aggiungo come disse un certo personaggio,
Non troppo lodevole a dire il vero,
Di un’opera teatrale,
Aggiungo che essendo questa la situazione sono contento
Che il mio ruolo sia quello che è sempre stato,
Quello di essere il tredicesimo a tavola.
Mi fa piacere di essere il malato di peste tra quelli
Che si erano ritirati dal mondo
Per evitare l’epidemia.
Ma è soltanto il buonismo e non le persone,
Sapete?
Ad essere bersaglio della mia ironia.
Maurizio Proietti iopropars
Il tredicesimo a tavola
Possiamo dire che il perbenismo benpensante sia l’insieme dei valori etici che le classi dominanti, nelle società industriali e postindustriali, cercano di imporre all’intera società al fine di una pacificazione sociale che garantisca la stabilità del loro dominio.
Alla fine degli anni ‘60 c’è stata una crisi di valori nelle società occidentali. La rivendicazione di certi diritti da parte delle donne poneva in crisi la stessa borghesia che, almeno potenzialmente, si trovava la lotta di classe ad entrare nelle proprie stesse case. Fenomeno simile, questo, a quello che aveva prodotto la scolarizzazione di massa, che pure poneva l’antagonismo di classe come conflitto generazionale.
A questi fenomeni il capitale ha reagito con una ricomposizione di classe (oltre che con una dura repressione contro i movimenti antagonisti, operata con la scusa di combattere il terrorismo). La ricomposizione di classe ha portato a un cambiamento di valori dello stesso perbenismo, che è diventato per certi versi pacifista e femminista, e anche laico in una certa misura, accantonando i valori del cristianesimo di cui si era precedentemente servito.
L’opera a cui mi riferisco nella poesia sopra riportata, è “L’anatra selvatica” di Ibsen. Io sono forse sempre stato il tredicesimo a tavola per circostanze opposte a quelle che portano il protagonista di quest’opera a ritrovarsi tale. Mi sono sempre opposto al perbenismo, anche all’interno dello stesso movimento di cui facevo parte.
Maurizio Proietti iopropars