Io ho creduto da giovane a ciò che chiamavamo genericamente "rivoluzione". Io con altri intorno a me, quelli con cui praticavo attività politica, intendevamo con questo termine il fatto di avviare un processo di profonda trasformazione sociale, che sovvertisse elevandoli i valori della società in cui ci trovavamo a vivere. Credevamo in ciò che era riassunto nello slogan "Il personale è politico". Volevamo una società che permettesse ad ognuno il proprio pieno sviluppo come persona umana. Ci rifacevamo per questo, anche alla teoria marxista, ampliandone tuttavia la portata, cercando di dare ad essa nuovi sviluppi, diversi da quelli che avevano portato in alcuni paesi, all'avvento di quello che era chiamato "socialismo reale".
Ciò che posso affermare oggi, è che non credo più alla scientificità della teoria marxista o materialismo dialettico. Non dico che sia da scartare del tutto. Dico che è lacunosa sotto certi aspetti, al punto che noi, per essere realmente "scientifici" nel promuovere una radicale trasformazione sociale - che ancora oggi io ritengo essere più che mai necessaria alla costruzione di un mondo civile - che noi per essere realmente "scientifici" nel fare questo, dobbiamo fondarci su differenti concetti teorici.
È da questo punto di partenza che io parlo di "un'etica della liberazione". In tal modo ecco contestualizzata la mia poesia sul 25 aprile, annivarsario della liberazione dal nazi-fascismo.
Un popolo alla deriva
Ricordiamoci che c'è stata,
Ma se posso dire,
Io intorno a me non la vedo
Questa liberazione.
Io non credo che libero
Possa restare chi assume
I valori dei propri oppressori.
Se i principi, io dico,
Etici non si coltivano,
Celebrare non può che essere
Che fonte d'inganno.
E parlo di amore
Per la giustizia
Non di prendere le armi.
Maurizio Proietti iopropars
Vorrei allora sviluppare una breve considerazione sui valori.
Se parlo di valori oggettivi, in molti storcono la bocca, perchè appare un concetto in qualche modo impositivo. Come dire che sulla base dell'esistenza di valori oggettivi, alcuni possono imporre ad altri la propria visione del mondo. Io parlo invece della ricerca di valori condivisi attraverso il confronto; nel presupposto che, se come esseri umani noi esseri umani siamo tutti diversi gli uni dagli altri, vi deve essere anche qualcosa che ci accomuna come esseri umani, rendendoci umani.
Riguardo all'imposizione di una visione del mondo, io dico che questo è proprio ciò che avviene nell'odierna realtà globalizzata, dove si va a sostituire il valore di mercato, a certi valori che io sostengo siano oggettivi, ovvero patrimonio comune, ma patrimonio che non si presenta come dato, ma che va fatto ogetto di ricerca attraverso il lavoro del filosofo, dello scienziato e dell'artista. Il valore di mercato segna l'acritica massificazione della cultura su posizioni preconcette. La legge della domanda e dell'offerta applicata alla cultura - come avviene anche sui social nel conteggio dei followers - apre un baratro che ci sprofonda in una scintillante barbarie.
L'arte come la scienza come la filosofia, sono ricerca. Ed è ricerca la comprensione dell'opera d'arte come di quella dello scienziato e del filosofo. Se non si procede in questa ricerca ma ci si limita a considerare, ad esempio, artistico, ciò che è apprezzato come tale dalla maggioranza della popolazione, si produce una banalizzazione della cultura.
"Che tutti possano leggere, finirà per corrompere non solo lo scrivere ma anche il pensare". Così scriveva Friedrich Nietzsche nel suo "Così ha parlato Zarathustra" ( è questo il modo in cui io sento che debba essere reso in italiano il senso del titolo tedesco ), nel capitolo intitolato "Del leggere e dello scrivere". È ovvio per me che non era uno strale contro la cultura di massa, ma contro la massificazione della cultura, rivolta solo alla ricerca del consenso. Infatti dice più avanti "Chi conosce il lettore non fa più nulla per il lettore. Scrivi col sangue, e imparerai che il sangue è spirito". Io vi intendo appunto che bisogna partire da sé e dai propri vissuti e dai più dolorosi.
Dunque per fondare un'etica della liberazione, il mio pensiero va alle parole della canzone "Addio Lugano Bella", dell'anarchico Pietro Gori.
"...Le verità sociali da forti propagate, è questa la vendetta che noi vi domandiamo..."
Dove non c'è verità, come potrà mai esserci giustizia?
Nemmeno vi è amore senza verità. Ma anche, senza giustizia non vi può essere amore.
Così ci ha detto Gesù, che la verità ci rende liberi. Io in questo ripongo fede. La verità non è mai facile. Per aver testimoniato la verità, Gesù Cristo è stato crocifisso.
Maurizio Proietti iopropars
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