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3D Cyber Vibration dipinto digitale di Maurizio Proietti iopropars |
Un tuffo nel passato
Io me lo ricordo Vermicino nel pozzo, la tragedia in diretta della morte del piccolo Alfredo Rampi, "Alfredino nel pozzo".
Scendevo giù per la discesa di casa mia, e sentivo le televisioni accese, tutte le televisioni sintonizzate sullo stesso canale, per cui c'era una specie di rimbombo, e come camminavo potevo sentire sempre la stessa cosa. Era in qualche modo allarmante.
Non ricordo perché ero uscito, cosa ero andato a fare, ricordo invece, che poi sono tornato a casa, non molto tempo dopo, ed era la stessa cosa, però questa volta lo sapevo da cosa dipendeva quello che sentivo, perché già lo avevo capito quando scendevo, quando invece inizialmente mi aveva sorpreso, perché al momento mi era sembrato come se qualcuno tenesse la televisione ad un volume veramente troppo elevato, ma poi man mano che camminavo mi ero reso conto che non era questo, perché la voce si affievoliva un pochino e riprendeva forte alla finestra successiva, e quando sono tornato indietro sull'altro lato della strada, ho pensato che da quel lato era esattamente lo stesso, e così anche ho pensato che doveva essere successo qualcosa di grave.
Così quando sono arrivato a casa, anche se ora mi sembra un po' strano, non ho accesso la televisione, non mi sono unito a una massa a cui non mi sentivo partecipe, ma ho telefonato a una persona per chiederle se sapesse cosa era successo. Lei mi ha risposto:
- Come, non lo sai? Sei l' unico che non ha acceso il televisore.
Io le ho spiegato brevemente più o meno che non mi andava di buttarmi nella mischia, e le ho chiesto se non mi poteva riassumere brevemente cosa stava succedendo. Lei mi ha spiegato allora che era caduto un bambino in un pozzo e stavano trasmettendo in diretta le operazioni di soccorso.
Trattandosi di una circostanza che per quanto grave era una circostanza privata, le ho detto che la cosa mi sembrava un po' morbosa, perché sarebbe bastato aggiornare con qualche notizia di tanto in quando, e che una diretta TV, per di più a reti unificate, mi sembrava troppo. Lei però mi ha risposto che a lei piaceva seguire la vicenda, di sapere tutto quello che stavano facendo per salvare quel povero bambino. Io allora le ho chiesto:
- E se non riescono a salvarlo?
E lei di rimando:
- Ma dài, ti pare una cosa del genere...
E poi ha aggiunto:
- Dài, figurati! Se lo trasmettono in televisione così, è perché sono sicuri di riuscire a prenderlo.
E io allora:
- Va be', vi auguro che riescano a veramente a riprenderlo.
E lei:
- Ma lo sai che sei proprio stronzo?
E io:
- Va bene, io sarò pure stronzo, però se questi trasmettono questa cosa in diretta in questo modo, è per esaltare la loro efficienza organizzativa, e fanno leva proprio sui sentimenti di solidarietà e di compassione della gente, per esaltare sé stessi e trovare credito.
Lei allora:
- Sei sempre lo stesso! Ma ti rendi conto che hai il chiodo fisso? Non pensi a nient'altro. Quando fai così non ti sopporto più. Non capisci che non è questo il momento per fare certi discorsi?
E io allora:
- Ma guarda che quello che io ti sto dicendo è che sono proprio quelli che trasmettono queste cose in questo modo che si servono dei sentimenti di compassione della gente. Anche perché poi una certa probabilità anche piccola di non riuscire c'è in tutte le cose. Tu mi potresti rimproverare se io avessi detto che speravo che non riuscissero a salvarlo.
Lei a questo punto ha riso:
- Va bene d'accordo. Sei sempre lo stesso, però mi piaci anche che sei così...
E poi ci siamo salutati. E mi ricordo quando ci siamo incontrati, e lei mi ha detto che non erano riusciti a salvarlo. A me veniva da piangere e le ho detto che mi dispiaceva, e lei mi ha risposto:
- Lo so che a te ti dispiace...
E si è stretta a me e io l' ho abbracciata, e lei è scoppiata a piangere.
Mi ricordo poi quando mio padre mi ha raccontato come erano andate le cose, come si erano svolti i soccorsi e perché erano falliti. E mi ricordo che pure lui ha commentato:
- Certo però pure questi a trasmettere in questo modo una cosa del genere...
E a me è sembrato normale trovarmi in questo modo in sintonia con mio padre, anche se per certi versi non andavamo molto d'accordo. Poi ha aggiunto:
- Scommetto che tu neanche hai acceso il televisore. Mentre stavo a guardare ci ho pensato.
Qualche tempo prima di morire, quando già soffriva di Alzheimer, mio padre mi ha detto:
- Noi ci siamo voluti bene da lontano.
Con la ragazza invece qualche anno dopo ci siamo persi, e non l'ho più rivista. Eravamo tutti e due così giovani, e così fragili nel mondo dei grandi, di questa gente così dura.
Io sono rimasto sempre lo stesso. Come dice la canzone "Gli uomini non cambiano". E la canzone dice questa cosa in tono piuttosto polemico, e invece io me ne compiaccio, da vero maschio patriarcale. E anche questa è una cosa che per quanto non c'entra con la tragedia di Vermicino, mi viene in mente ripensando al quel passato.
Ripensando al mio passato, non solo a quell'episodio, penso che da maschio patriarcale sono stufo dei piagnistei delle donne, e non dico di quella ragazza ma di come vivo le donne ora, di questo perenne vittimismo di cui penso che non ci voglio più cascare, e penso che per andare avanti occorrerebbe che le donne quando le hanno, imparassero a prendersi le proprie responsabilità. Penso che il maschile e il femminile sono due aspetti complementari della natura umana, e non si può cancellare o reprimere né l'uno né l'altro dei due, ma che questi aspetti debbano trovare l'incontro e la loro armonica fusione. Ma penso che ancora adesso non c'è posto per uno come me nel mondo dei grandi, meno che mai in questa loro nuova "società inclusiva", così tirata a lucido da essere scintillante.
Come sono tutti così bravi, rinchiusi come sono in una realtà apparente. E coibentati in questo dedalo normativo che lascia spazio ai tanti abusi.
Ma dagli errori del passato pure loro hanno imparato. I progammi di oggi sono molto più curati.
Maurizio Proietti iopropars
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